One Health 12 Maggio 2022 18:23

Inquinamento: l’UE boccia l’Italia e la Corte la condanna

Miani (SIMA): «La prima causa d’inquinamento atmosferico in Italia è la combustione per il riscaldamento degli edifici, al secondo posto ci sono gli allevamenti intensivi, al terzo il traffico veicolare. Necessario un cambio di rotta immediato: se dovessimo incentivare da domani l’acquisto di auto elettriche ci vorranno almeno 10 anni prima che ogni italiano ne abbia una»

Inquinamento: l’UE boccia l’Italia e la Corte la condanna

L’Italia non si prende cura della qualità dell’aria che respiriamo. Eppure avrebbe dovuto farlo. A sancirlo è la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha accolto il ricorso della Commissione Europea. L’esecutivo dell’UE aveva precedentemente rilevato l’infrazione del Belpaese, stabilendo che l’Italia è venuto meno agli obblighi previsti dalla direttiva Unione Europea sulla qualità dell’aria. Una decisione che non sorprende gli esperti del settore. «C’era da aspettarselo – commenta Alessandro Mianipresidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) -. È noto che l’Italia sia tra i Paesi d’Europa più inquinati e la Pianura Padana la zona con il tasso di inquinamento più elevato in assoluto».

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Limiti superati ovunque

Il tribunale del Lussemburgo ha passato al setaccio i valori relativi all’inquinamento dell’aria a Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Firenze, Roma, Genova e Catania, a partire dal 2010. L’esito non lascia dubbi: la Corte ha accertato che il valore limite del biossido d’azoto è stato sistematicamente superato in tutte le zone prese in esame ed ha ritenuto che «l’oggettivo superamento del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto è di per sé sufficiente per ritenere l’Italia inadempiente all’obbligo previsto dalla direttiva».

Le cause dell’inquinamento in Italia

Ma perché l’aria del nostro Paese è così inquinata? «La prima causa dell’inquinamento atmosferico in Italia è la combustione per il riscaldamento degli edifici – spiega Miani -. Al secondo posto ci sono gli allevamenti intensivi. Al terzo, il traffico veicolare che, in media, incide per il 23% del totale, con punte del 39% in zone particolarmente inquinate come Milano». Se l’inquinamento si concentra soprattutto nelle regioni del nord è anche per una questione oro-geografica: «Soprattutto d’inverno – aggiunge il presidente SIMA – la conformazione del territorio contribuisce al ristagno degli inquinanti».

Il tribunale non ammette giustificazioni

La Corte di Giustizia, come si legge nella motivazione, ritiene che l’Italia «non ha previsto, nei piani relativi alla qualità dell’aria, misure atte a limitare al periodo più breve possibile il superamento della soglia limite». Inoltre il tribunale ha ritenuto non valide le giustificazioni avanzate dall’Italia che avrebbe fatto appello alle «difficoltà strutturali legate ai fattori socio-economici, gli investimenti di grande portata da mettere in opera, la tendenza al ribasso dei valori di diossido di azoto, i tempi di attuazione necessariamente lunghi dei piani adottati, le tradizioni locali, la presenza di cofattori causali esterni quali la configurazione orografica di certe zone e la circolazione dei veicoli diesel».

Necessaria un’azione politica mirata

Il presidente Miani non nega che un po’ di strada sia stata fatta, ma assicura che il percorso è ancora lungo: «Sicuramente negli ultimi anni c’è stata una riduzione della concentrazione degli ossidi di azoto, che sono il tracciante del traffico veicolare. I livelli sono calati di molto soprattutto in pandemia e, in particolare, nei periodi di lockdown in cui il traffico veicolare è stato decisamente poco intenso», dice il presidente SIMA. Ma questi miglioramenti sono solo una goccia nel mare: «È necessaria un’azione politica mirata e strutturata che non si limiti a finanziare biciclette e monopattini elettrici, ma che incentivi soprattutto all’acquisto di auto elettriche», aggiunge l’esperto. Soprattutto, non c’è tempo da perdere: «Se dovessimo cambiare domani il nostro parco auto, ammesso di avere le risorse per farlo, considerando i lunghi tempi di produzione, prima che ogni italiano possa avere almeno un’auto elettrica – conclude Miani – ci vorranno almeno 10 anni».

 

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