Quella che fino a poco tempo fa chiamavamo “variante indiana” è molto più contagiosa e pericolosa di quella inglese. I vaccini attualmente disponibili offrono una protezione adeguata?
«Una brutta bestia». Così Sergio Abrignani, immunologo dell’Università Statale di Milano e membro del Comitato tecnico scientifico, ha definito la variante Delta. Una brutta bestia che, però, «non ci preoccupa più di tanto perché abbiamo i vaccini». Se non li avessimo avuti, ha spiegato ad “Agorà” su Rai3, «saremmo messi veramente male a causa della sua infettività e letalità».
La variante Delta, già conosciuta come variante indiana, sta impensierendo non poco il mondo a causa della situazione in Gran Bretagna. Lì la variante Delta è molto diffusa, nonostante l’imponente campagna vaccinale degli ultimi mesi. E dunque la domanda è d’obbligo: quanta protezione danno i vaccini contro questa variante? «Ciò che sappiamo dal Regno Unito – ha spigato Abrignani – è che dopo due dosi di vaccino si è comunque protetti». Con Pfizer la protezione arriva all’80%, con AstraZeneca al 70%. Una protezione inferiore rispetto a quella garantita per le altre “forme” del SARS-CoV-2.
Il rischio di ricovero ospedaliero in seguito al contagio da variante Delta è quasi doppio rispetto a quello della variante Alfa (inglese). Due dosi di vaccino forniscono però una protezione forte ma, come detto, inferiore rispetto alla variante inglese. È quanto emerge da una ricerca pubblicata sul Lancet. Secondo i ricercatori, la variante Delta è, al momento, la forma predominante di coronavirus in Uk ed è più contagiosa del 60%. Anche in questo caso, le persone che corrono un maggior rischio di finire in ospedale sono quelle che hanno patologie preesistenti.
Secondo lo studio, inoltre, servono 28 giorni dalla somministrazione della prima dose di vaccino per essere protetti contro questa variante. E sull’efficacia dei vaccini, secondo la ricerca Pfizer fornisce una protezione del 79% rispetto al 92% registrato con la variante inglese. Per quanto riguarda invece AstraZeneca, i numeri si discostano un po’ da quelli dichiarati da Abrignani: 60% contro il 72% della variante inglese.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato