di Think tank Tortuga e SISM – Segretariato Italiano Studenti in Medicina – APS
Continua la poderosa campagna vaccinale anti-Covid-19 in Italia. A seconda del suo esito si potrà parlare di un ritorno, più o meno rapido, alla normalità. Ad ora sono tante le questioni irrisolte e le domande senza risposta, sia dal punto di vista scientifico che economico.
La nascita di varianti di SARS-CoV-2 desta preoccupazione nella comunità scientifica. Esempio molto drammatico di ciò è costituito da un ceppo sudafricano di SARS-CoV-2: recenti studi in fase di pubblicazione mostrano come questa variante sia in grado di persistere in una significativa quota di soggetti vaccinati con il vaccino prodotto da AstraZeneca. Ciò ha costretto il governo del Sudafrica a sospenderne l’uso per concentrarsi sui vaccini delle case Moderna e Pfizer, già estremamente richiesti. Pertanto, risulta necessaria una rapida copertura vaccinale della popolazione per limitare il più possibile la circolazione del virus ed impedire l’insorgenza di nuove varianti potenzialmente insensibili ai vaccini.
Esistono tuttavia notevoli ostacoli alla riuscita di una campagna vaccinale puntuale. Tra queste troviamo sia complicanze logistiche di stoccaggio e conservazione, come imprevisti nella produzione stessa dei vaccini.
Poiché un ritardo nell’inoculazione dei vaccini comporterà ulteriori danni in termini economici e di vite umane, viene spontaneo chiedersi se fosse possibile richiedere alle case farmaceutiche che hanno il vaccino pronto di concedere licenze ad altre aziende, in modo tale da poter accelerare la produzione di vaccini efficaci e completare le campagne vaccinali nel minor tempo possibile. Ciò aiuterebbe anche un approvvigionamento equo ed omogeneo a livello globale, fondamentale per la riuscita della campagna. Non a caso, alcuni paesi in via di sviluppo, guidati da Sudafrica e India, hanno avanzato all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) la proposta di sospendere i brevetti legati ai vaccini e ai farmaci contro il Covid-19, per poter permettere alle aziende farmaceutiche domestiche di produrli in tempo utile per evitare ulteriori conseguenze sanitarie ed economiche. Inoltre, i governi nell’interesse pubblico possono rivendicare l’uso di alcuni brevetti di aziende che hanno ricevuto ingenti finanziamenti pubblici per la ricerca. Questo però andrebbe ad interferire con il complesso sistema di incentivi alle prime produzioni sorretto da licenze e brevetti: senza una garanzia di protezione dei profitti derivanti dalla produzione del vaccino, alcune società farmaceutiche potrebbero decidere di non iniziare a svilupparlo. Senza la proprietà intellettuale, si verrebbe esposti all’imitazione da parte di concorrenti che, non avendo effettuato un investimento iniziale ingente, potrebbero offrire il prodotto ad un prezzo notevolmente inferiore, attraendo gran parte della domanda.
Viene inoltre spesso sostenuto che gli stati dispongano già di strumenti sufficienti per facilitare l’accesso ai farmaci per tutti. Nei trattati che regolano la proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS), la durata di un brevetto per un vaccino è fissata a 20 anni. Ciononostante, l’articolo 31 permette ai governi sottostato di emergenza di richiedere la cosiddetta “licenza obbligatoria”, il permesso di produrre o far produrre il generico del farmaco, anche se protetto da brevetto. Tale soluzione è tuttavia destinata esclusivamente al mercato interno e non all’esportazione. Inoltre, la dichiarazione di Doha del 2001 prevede che gli stati si impegnino a mettere da parte gli interessi economici qualora ci sia un interesse di salute pubblica maggiore, come una crisi sanitaria in un paese che non possiede gli strumenti per produrre medicinali o acquistarli a prezzo di mercato. Nel passato la Dichiarazione è stata impiegata per aiutare a far fronte comune contro malattie quali HIV, AIDS, tubercolosi e malaria in paesi del terzo mondo.
Tuttavia, la licenza obbligatoria viene usata raramente, in quanto è un’operazione complessa e viene frequentemente ostacolata dal produttore stesso . A livello teorico, quindi, il sistema giuridico fornisce già gli strumenti per una diffusione equa ed omogenea del vaccino. Tuttavia, per ostacoli di ordine politico e pratico, essi non sono sempre sufficienti. Non sorprende dunque che lo scorso dicembre l’Omc abbia respinto la richiesta di sospensione dei brevetti. La protezione della proprietà intellettuale presenta anche dei rischi. Acquisendo il diritto esclusivo di beneficiare dei profitti derivanti dall’innovazione, le aziende potrebbero essere incentivate ad imporre prezzi eccessivi, a discapito della popolazione. Esistono inoltre dei rischi legati alla frammentazione e sovrapposizione della proprietà intellettuale: nell’industria farmaceutica e biotecnologica la maggior parte delle tecniche di produzione sono protette da brevetti il cui accumulo nel corso del tempo ha creato notevoli ostacoli. Infatti, per le aziende la necessità di accedere a metodi brevettati da imprese rivali può impedire o ritardare la ricerca e lo sviluppo di nuovi vaccini. La frammentazione dei brevetti comporta inoltre elevati costi di negoziazione tra case farmaceutiche, legati principalmente al pagamento di licenze e a contenziosi.
Per superare queste problematiche, l’Oms ha promosso un’iniziativa per la condivisione delle licenze sui brevetti, il COVID-19 Technology Access Pool, con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo e la produzione su larga scala di vaccini e farmaci. Ciò permetterebbe di rimuovere le barriere all’accesso, garantendo la disponibilità di prodotti a livello globale ed in maniera equa. Un gruppo di scienziati e avvocati ha invece ideato l’Open COVID Pledge, uno strumento per la condivisione di brevetti “open”, che non richiedono una licenza per utilizzare la tecnologia o il processo brevettato. Questa iniziativa, che ha già più di 150000 brevetti in condivisione, permette di accelerare i processi di ricerca e sviluppo senza aumentare i costi. Infine, alcune aziende stanno concludendo accordi privati, molti dei quali ancora segreti, per condividere la produzione di vaccini. Di recente è stato annunciato che Sanofi, in ritardo nello sviluppo proprio vaccino, aiuterà Pfizer-Biontech ad imbottigliare e impacchettare fino a 100 milioni di dosi.
Alla luce dei recenti ritardi nell’approvvigionamento dei vaccini, risulta evidente la necessità di trovare soluzioni alternative per garantire alla campagna vaccinale di procedere il più rapidamente possibile. La sospensione della proprietà intellettuale sul vaccino è una valida alternativa, che rischia però di incontrare ostacoli di carattere politico e pratico. Appare più percorribile invece la strada della produzione su licenza, che, come nel caso dell’accordo Pfizer-Sanofi, vede un’azienda mettere al servizio di un’altra la propria linea di produzione, garantendo così a entrambi le parti sufficienti incentivi economici. Anche Moderna ha deciso di concedere licenze alle aziende farmaceutiche che lo richiedano, non esercitando i suoi diritti esclusivi finché l’Oms non dichiarerà conclusa la pandemia. Potrebbe rivelarsi addirittura anti-competitivo rifiutare di concedere una licenza a un’azienda che lo richiedesse, posto che essa abbia sufficiente capacità tecnica e affidabilità. Contrariamente al solito, infatti, i beneficiari della concessione non potrebbero appropriarsi della domanda dell’azienda proprietaria del brevetto, ma interverrebbero per aiutare a soddisfare parte della domanda, che rimarrebbe altrimenti inevasa.
In conclusione, è necessario che le aziende farmaceutiche siano in grado di soddisfare quanto più possibile questa domanda, sia in Italia che nel panorama internazionale, garantendo la salvaguardia della salute e il successo delle campagne vaccinali. La sospensione dei brevetti sembra essere una soluzione soggetta a maggiori incertezze di carattere pratico e perciò l’intensificazione degli accordi privati, sottoposti a supervisione e supporto degli Stati e Istituzioni, potrebbe rappresentare la via più auspicabile per permettere un rapido ritorno alle normali attività economiche e sociali, ma soprattutto all’epilogo del devastante rischio sanitario di SARS-CoV-2.
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