Non vi è dubbio che un sistema complesso come la sanità non si presti facilmente ai cambiamenti, ma difficoltà e resistenze – siano esse culturali o dettate da interessi contrapposti e/o da incapacità – non possono diventare un alibi per arrestare il percorso di efficientamento e miglioramento avviato negli ultimi anni. Quest’idea, più o meno […]
Non vi è dubbio che un sistema complesso come la sanità non si presti facilmente ai cambiamenti, ma difficoltà e resistenze – siano esse culturali o dettate da interessi contrapposti e/o da incapacità – non possono diventare un alibi per arrestare il percorso di efficientamento e miglioramento avviato negli ultimi anni. Quest’idea, più o meno radicata, di una sanità impermeabile alle necessarie trasformazioni imposte dalle evoluzioni epidemiologiche e tecnologiche rischia di ritardare ulteriormente, se non addirittura di vanificare, i risultati attesi da provvedimenti che potremmo definire “portatori di cambiamento”: si pensi al Patto per la salute 2014-2016, al Regolamento sugli standard ospedalieri di cui al DM n. 70/2015 e al Programma di revisione della spesa. Strumenti legislativi nati con la finalità di continuare a preservare i principi di universalità, solidarietà ed equità del SSN; di tutelare una sostenibilità economica che mal si concilia con qualsiasi forma di inefficienze, sprechi, opacità e cattivo uso delle risorse, disfunzioni che ostacolano quel processo di miglioramento della qualità e della sicurezza dell’assistenza in continua manutenzione.
Una sostenibilità che mal si concilia con la resistenza ai cambiamenti, declinandosi anche nella capacità di visione e nel coraggio di innovazione: l’efficientamento del nostro sistema sanitario ha bisogno, oltre che di nuovi sistemi e modelli, anche di queste attitudini che si fondano sulla ferma convinzione che si possono e si devono superare disfunzioni e criticità, che si possono e si devono innovare strumenti e modelli per poter continuare a garantire a tutti un elevato ed equo standard di cure.
È questa la strada che nel novembre del 2014 ha condotto AGENAS a farsi promotrice di un Protocollo di Intesa con l’ANAC, ritenendo che la stagione legislativa inaugurata nel 2012 e diretta a rimuovere le inadeguatezze per contrastare e prevenire la corruzione, non avendo preso in debita considerazione la specificità del sistema salute, necessitasse di qualche intervento supplementare di manutenzione. Le caratteristiche proprie dell’organizzazione sanitaria, quali la disponibilità di ingenti risorse economiche, l’alto tasso di discrezionalità e l’asimmetria informativa richiedevano, infatti, strumenti mirati e specifici. Occorrevano modelli innovativi, visioni strategiche e forti sinergie interistituzionali per ridurre la cattiva gestione, l’improvvisazione amministrativa, la negligenza, la non conoscenza: fattori tutti che potremmo definire portatori sani di corruzione. Occorrevano competenze e conoscenze specifiche che fanno parte del patrimonio di dati, esperienze e buone pratiche di cui dispone AGENAS, in qualità di interlocutrice privilegiata delle aziende sanitarie.
Un percorso di prevenzione dalla corruzione e di incoraggiamento alla trasparenza che in un biennio ha dato risultati fino a qualche anno fa inimmaginabili: dalla definizione per la prima volta di una sezione specifica per la sanità nell’ambito del Piano Nazionale Anticorruzione, passando per l’attività di verifica, controllo e valutazione sulla corretta e completa adesione delle aziende sanitarie al PNA, fino alla previsione di misure di allerta per il management aziendale su particolari “aree a rischio” per maggiore impegno di risorse professionali ed economiche e di confluenza di relazioni.
Un’attività di irrobustimento della trasparenza e degli altri strumenti di prevenzione della corruzione che proseguirà con sistematicità, senza sosta e con il coraggio di innovazione che si sono rivelati qualità preziose nel primo tratto di strada intrapreso verso una sanità integra, trasparente e sostenibile.