Condannate a 8 e 9 mesi di reclusione due persone che nel 2015 avevano preso a calci e pugni un veterinario in un piccolo paese del Leccese. Il veterinario era stato aggredito per aver denunciato un illecito conseguente alla vendita fraudolenta di un cavallo sottoposto a sequestro amministrativo. Gli imputati sono stati condannati per lesioni […]
Condannate a 8 e 9 mesi di reclusione due persone che nel 2015 avevano preso a calci e pugni un veterinario in un piccolo paese del Leccese. Il veterinario era stato aggredito per aver denunciato un illecito conseguente alla vendita fraudolenta di un cavallo sottoposto a sequestro amministrativo. Gli imputati sono stati condannati per lesioni e minacce a pubblico ufficiale, reato punito ai sensi dell’articolo 339 del Codice Penale, che prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni. Il giudice ha disposto anche un risarcimento in via equitativa di 4000 euro per il veterinario e di 1000 euro per la ASL, che si è costituita parte civile.
«Questa sentenza merita attenzione – spiega in una nota il Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica – per due ordini di motivi. Il primo è che la legge punisce più pesantemente chi minaccia o aggredisce un pubblico ufficiale, e questo da solo potrebbe essere un rilevante deterrente per le persone irragionevoli, esaltate e prive di autocontrollo che ricorrono a tali comportamenti aberranti. Il secondo, forse ancora più rilevante, è il fatto che la ASL si sia costituita parte civile nel processo, a rafforzare il concetto che il danno subito dal proprio dipendente aveva determinato ricadute negative e causato danni anche al datore di lavoro».
I veterinari nello svolgimento del loro servizio sono pubblici ufficiali e ricoprono anche la qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria, pertanto le minacce e aggressioni ai loro danni dovrebbero essere oggetto costante di denuncia d’ufficio. Spesso invece le incombenze successive alle aggressioni ricadono sulle spalle dei singoli professionisti e gli aggressori non vengono perseguiti come la legge impone dalle Aziende sanitarie per le quali i veterinari agiscono come legali rappresentanti.
«Per facilitare l’emersione del fenomeno il nostro sindacato ha adottato un questionario coerente ai contesti lavorativi della veterinaria pubblica. Come ha più volte chiesto il SIVeMP, la prima misura da mettere in atto nelle realtà in cui i veterinari rilevano tensioni e reattività eccessive dei controllati è la costituzione di apposite équipe di più veterinari e tecnici della prevenzione. Un’organizzazione del lavoro in équipe nei casi complessi e difficili è la metodologia che si adotta in ogni contesto sanitario, perché non si adotta anche nella medicina veterinaria pubblica? Per mere necessità di risparmio? Il SIVeMP ritiene che in taluni casi si debba anche cominciare a coinvolgere, nelle responsabilità delle aggressioni ai veterinari, le stesse Direzioni delle ASL».
Occorre infatti collocare i veterinari pubblici sotto l’ombrello della tutela del lavoratore della sicurezza sul luogo di lavoro (d.lgs 81/2008 – Testo Unico per la Sicurezza del Lavoro) prevedendo una responsabilità oggettiva del datore di lavoro che non ottempera alla necessità di prevenire con i mezzi disponibili (lavoro di equipe) aggressioni, lesioni personali o danni ai beni di proprietà del singolo veterinario pubblico.
Il SIVeMP ritiene inoltre che, nei casi di aggressione o intimidazione, debba essere garantita dalla ASL la piena presa in carico e tutela legale del proprio dipendente con l’avvio d’ufficio dei procedimenti a carico di persone o ignoti che hanno determinato nocumento ai professionisti.
«Solo con la costituzione di parte civile dell’Azienda si può scongiurare il tentativo – sempre più rilevante in certi territori – di rifiutare i controlli sanitari e delegittimare l’azione di sanità pubblica da parte di operatori che sono pronti a procurare danni e lesioni fisiche e psicologiche al personale che opera in nome e per conto dell’Autorità sanitaria competente.
La sentenza pronunciata nel Leccese riconosce la gravità dell’aggressione al veterinario durante lo svolgimento delle funzioni di medicina pubblica in qualità di pubblico ufficiale e costituisce un segnale fondamentale per la tutela dei professionisti e la presa di coscienza delle istituzioni sulla portata di un fenomeno che necessita da tempo di misure di prevenzione e lotta risolutive».