Il 76,67% delle strutture sanitarie ha elaborato un programma di prevenzione specifico per le aggressioni, mentre il 50% ha avviato accordi con Forze dell’ordine pubblico o altri soggetti (Polizia, Comune Polizia Municipale/Provinciale, Prefettura ecc.) in grado di fornire un supporto per identificare le strategie atte ad eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari. Sono […]
Il 76,67% delle strutture sanitarie ha elaborato un programma di prevenzione specifico per le aggressioni, mentre il 50% ha avviato accordi con Forze dell’ordine pubblico o altri soggetti (Polizia, Comune Polizia Municipale/Provinciale, Prefettura ecc.) in grado di fornire un supporto per identificare le strategie atte ad eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari. Sono questi i dati della Survey che Federsanità ANCI ha somministrato ad un gruppo rappresentativo di Aziende sanitarie e ospedaliere con l’obiettivo di monitorare, a dieci anni dall’emanazione, l’attuazione della raccomandazione del Ministero della Salute n 8 del novembre 2007 “sulla prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”. I risultati sono stati resi noti dalla Presidente di Federsanità, Tiziana Frittelli, e dal Presidente della Fnomceo (la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), Filippo Anelli, nel corso del 75esimo Congresso nazionale della Fimmg, la Federazione dei Medici di Medicina Generale. Il dato che emerge con forza è quello relativo a quali strutture e quali figure professionali si sono concentrati maggiormente gli atti di violenza: le aree di emergenza, i servizi psichiatrici, i Ser.T, la continuità assistenziale e i servizi di geriatria i settori più colpiti; medici, infermieri e operatori socio-sanitari le figure coinvolte dagli atti di violenza sia verbale che fisica.
«L’idea di sottoporre alle Aziende sanitarie questa survey nasce da una sinergia messa in atto con Fnomceo con l’obiettivo comune di monitorare lo stato di attuazione della normativa esistente in materia e della, eventuale, necessità di procedere ad un aggiornamento legislativo. Infatti, alcune aziende sanitarie hanno adottato di propria iniziativa accorgimenti che hanno reso le sedi sicure e a prova di aggressione, spesso in collaborazione con gli Enti Locali e le forze dell’Ordine – ha detto Tiziana Frittelli, presidente di Federsanità ANCI. – Per questo abbiamo pensato di censirli ed elaborare indicazioni concrete da mettere a disposizione del management aziendale. Inoltre, in questa raccolta di informazioni e indicazioni, abbiamo pensato di coinvolgere la catena del rischio delle Aziende sanitarie, dai Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione ai Risk manager, perché siamo convinti che spesso le ragioni di alcune situazioni, e le loro possibili soluzioni, siano connesse tra loro».
In generale, il dato che emerge è la volontà delle Aziende di adeguare le strutture a quanto raccomandato dieci anni fa. Con l’aumento delle aggressioni ai professionisti che operano in sanità le strutture stanno cercando di porre rimedio ad una modalità di aggressione che ha varie sfaccettature nell’agire e nei motivi. Motivi che troppo spesso hanno a che fare con il tempo e gli spazi dedicati, o non dedicati, o con le conseguenze infauste di atti sanitari. In sintesi, si potrebbero rileggere le risposte fornite dalle Aziende come tempo e spazio più o meno adeguati alle mutate esigenze e aspettative dei cittadini. Oltre, ovviamente, ad una mutata percezione di quanti esercitano la professione sanitaria. Si è passati da una fiducia totale nei tempi e nelle capacità del medico ad una pretesa di attenzione e di guarigione. Anche quando queste non sono né possibili né immediate.