Nei giorni scorsi, hanno molto colpito l’opinione pubblica alcune dichiarazioni politiche su fenomeni quali le anoressie, l’obesità, le ludopatie, le dipendenze patologiche. «Parlare di devianza rispetto ai disturbi del comportamento alimentare rischia di escludere la sofferenza riducendo il dolore di chi ne soffre ad una mera controversia sul piano pedagogico». Partono da questa riflessione di […]
Nei giorni scorsi, hanno molto colpito l’opinione pubblica alcune dichiarazioni politiche su fenomeni quali le anoressie, l’obesità, le ludopatie, le dipendenze patologiche.
«Parlare di devianza rispetto ai disturbi del comportamento alimentare rischia di escludere la sofferenza riducendo il dolore di chi ne soffre ad una mera controversia sul piano pedagogico». Partono da questa riflessione di Luigi Cabua, membro del comitato scientifico, le considerazioni di alcuni professionisti della Fondazione Ananke di Villa Miralago, che conta tra i maggiori esperti in Italia a occuparsi quotidianamente di questi disagi.
I dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità hanno mostrano, a questo proposito, che a soffrire di disordini alimentari sono circa 3 milioni di italiani, in prevalenza giovani e giovanissimi. Alberto Pozzoli, Presidente della Fondazione dichiara, infatti, che «dovrebbe esserci in primis maggiore consapevolezza e conoscenza di queste patologie psichiatriche, solo così sarebbe possibile creare reti che possano garantire le cure».
Per gli esperti della rete Ananke «la creazione di etichette è pericolosa, perché induce l’idea che sia possibile una soluzione magica e semplicistica e non stimola la cura che invece dovrebbe essere una scelta consapevole e faticosa».
«L’uso di slogan intorno al disagio mentale e, da qualsiasi parte provenga, alimenta la solitudine» affermano Alessandro Poddesu e Simona Pisu, psicoterapeuti e responsabili per la Sardegna di Ananke. L’utilizzo di linguaggi appropriati e la necessità di dare peso alle parole, sembra infatti un elemento essenziale per avvicinarsi a giovani con identità già tanto fragili.
Per Eugenia Dozio coordinatrice dell’equipe nutrizionale di Villa Miralago «la svalutazione della sofferenza dei pazienti e delle loro famiglie “crea il vuoto” che ulteriormente disorienta la cura e aumenta il senso di impotenza».
Intervistata dal meeting di Rimini, Nuccia Morselli psicologa e psicoterapeuta, aggiunge: «La professionalità degli psicologi e degli esperti deve essere consultata quando sui tavoli tecnici si dispongono piani di intervento nelle politiche giovanili, scolastiche ed educative». Per Domiziana Giola psicoterapeuta di Como, «serve maggiore consapevolezza dei fenomeni clinici che ci circondano per orientare il pensiero e le azioni anche di coloro che ci governano».
Secondo gli esponenti della rete Ananke «fenomeni criminali quali le baby gang, non possono certo essere messi sullo stesso piano di patologie che causano sofferenza in migliaia di giovani. In definitiva, se non si possiedono le necessarie competenze, è probabilmente meglio astenersi dal commentare imprudentemente fenomeni estremamente complessi. Può essere sbagliato, infatti, sia accomunare le dipendenze patologiche, le anoressie e l’obesità alle cosiddette “devianze” giovanili, sia, altrettanto errato, inneggiare a queste ultime».
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