Il commento di Laura Parolin, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, sull’approvazione del bonus psicologico e su quanto ancora c’è da fare
Dopo un’iniziale esclusione del bonus psicologo dalla manovra finanziaria a dicembre, bocciato per mancanza di fondi, nella notte la Camera ha approvato una seconda versione della misura, meno consistente ma comunque importante.
Il provvedimento è volto “a potenziare l’assistenza per il benessere psicologico individuale e collettivo, anche mediante l’accesso ai servizi di psicologia e psicoterapia in assenza di una diagnosi di disturbi mentali, e per fronteggiare situazioni di disagio psicologico, depressione, ansia, trauma da stress”.
Entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge saranno stabiliti le modalità di presentazione della domanda per accedere al contributo, l’entità dello stesso e i requisiti, anche reddituali, per la sua assegnazione. Il provvedimento, sebbene di entità moderata, permetterà di dare un’iniziale risposta ai problemi che vengono da tempo denunciati dalla categoria: da un lato l’aumento del disagio psicologico, inasprito dalla pandemia, che necessita di una risposta immediata ed emergenziale, e dall’altro un servizio pubblico sottofinanziato e incapace di rispondere alle richieste di presa in carico, che richiede invece un ripensamento e un rinforzo strutturale.
Saranno stanziati solamente 20 milioni, di questi, metà saranno destinati al potenziamento delle strutture già esistenti e metà, sotto forma di voucher, ai privati cittadini, fruibili per coprire le spese di sessioni di psicoterapia presso specialisti privati regolarmente iscritti all’albo. Il contributo avrà un importo massimo di 600 euro a persona e sarà parametrato alle diverse fasce Isee al fine di sostenere le persone con Isee più basso.
Nel pubblico, il numero di psicologi è infatti insufficiente: 5 mila per 60 milioni di persone, circa uno ogni 1200 abitanti (la metà della media europea), impiegati quasi solo nei servizi specialistici di secondo livello – salute mentale, dipendenze, neuropsichiatria – a cui accedono i casi più severi e le emergenze. Solo il 3,5% del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale è destinato all’assistenza psichiatrica. Per colmare il divario tra domanda e offerta, sarebbe necessario implementare una rete di psicologi nei servizi pubblici sul territorio, negli studi dei medici e pediatri di famiglia, nei diversi servizi di prossimità (distretti, consultori, case di comunità, ecc.). Questo permetterebbe di intercettare prontamente il malessere e impedire che i disturbi insorgenti si aggravino. Un altro intervento per far fronte al disagio psicologico è incrementare i fondi della psicologia scolastica: questi sono invece stati ridotti nella manovra finanziaria, da 120 a 20 milioni, anche se la notizia non ha destato scalpore. La presenza degli psicologi nelle scuole rappresenta un presidio di prevenzione ma anche di ascolto e sostegno, dove si possono intercettare gran parte dei disagi legati all’infanzia e all’adolescenza che hanno un particolare valore perché incidono sulla formazione e sulla costruzione della persona.
Il disagio mentale, specie quello in giovane età che ha conseguenze a lungo termine, ha un costo elevato per tutta la società, come dimostrato dagli studi economici. In termini di disabilità prodotta il disagio psicologico è la prima voce di costo nel campo della salute, così come è la prima causa di assenteismo dal lavoro (dati OMS, EU-OSHA, OCSE). Secondo la London School of Economics ogni euro speso per la salute psicologica produce 2,5 euro di minori spese. Non esistono quindi giustificazioni, scientifiche o economiche, per continuare a trascurare un problema che è diventato sociale ed è sotto gli occhi di tutti. I cittadini chiedono risposte immediate, in termini di bonus e di aiuto psicologico nella scuola, in attesa che lo Stato si organizzi per garantire in modo strutturale una rete psicologica pubblica. Continuare a girarsi dall’altra parte, ignorare questa diffusa presa di consapevolezza di milioni di persone, appare in netto contrasto con l’idea di una società in transizione che punta su visioni nuove e sulla resilienza.
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