Un paziente affetto da leucemia, in gravi condizioni dopo il trapianto di midollo osseo, è stato salvato grazie alle cellule staminali del cordone ombelicale. Le cellule staminali mesenchimali del cordone ombelicale salvano ancora vite. L’Italia si sta aprendo a queste nuove terapie. Lo sta facendo in quelle Cell Factory che possono produrre farmaci a base di cellule staminali. […]
Un paziente affetto da leucemia, in gravi condizioni dopo il trapianto di midollo osseo, è stato salvato grazie alle cellule staminali del cordone ombelicale.
Le cellule staminali mesenchimali del cordone ombelicale salvano ancora vite. L’Italia si sta aprendo a queste nuove terapie. Lo sta facendo in quelle Cell Factory che possono produrre farmaci a base di cellule staminali. Come per il primo paziente italiano trattato con le cellule staminali mesenchimali del cordone ombelicale per la COVID-19.
Il cordone ombelicale, quindi, ancora una volta protagonista. Diventa una fonte importante di cellule staminali per il facile prelievo, la facilità di estrazione delle cellule, ma soprattutto per una caratteristica unica. Le cellule staminali mesenchimali estratte dal cordone ombelicale sono diverse da quelle estratte da altre fonti. Sono cellule che possono produrre altre cellule più velocemente. Lo fanno perchè possiedono geni di staminalità precoce. Geni che appartengono al cordone ombelicale che ancora non hanno perso alcuni geni embrionali appartenuti al nascituro. Questi geni, poi, vengono persi con la maturità della persona. Prelevare quindi cellule mesenchimali da tessuti di un individuo adulto significa prelevare la stessa tipologia di cellule, aventi, tuttavia, caratteristiche geniche differenti.
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Il primo farmaco sperimentale a base di cellule staminali mesenchimali cordonali, in Italia, è realizzato dal Dott. Giuseppe Astori nel Laboratorio di Terapie Cellulari Anvanzate dell’ULLS 8 Berica di Vicenza.
In questi giorni, per la prima volta in Italia, un paziente è stato trapiantato con queste cellule. Il paziente, un 40enne di Vicenza, era stato colpito da una grave forma di rigetto a seguito di un trapianto di midollo osseo a causa di una leucemia. Del perché sia stata eseguita questa terapia sperimentale, ne parla a Udinetoday il Dott. Carlo Borghero, responsabile del Programma Trapianto di Midollo Osseo dell’Unità Operativa Complessa di Ematologia dell’ospedale del San Bortolo di Vicenza. «Circa il 50% dei pazienti affetti da leucemia curati con il trapianto di midollo da altro donatore sviluppano una reazione di rigetto, che generalmente viene trattata con appositi farmaci. In oltre il 20%-30% dei casi, tuttavia, questa reazione è particolarmente forte e non risponde alle normali terapie anti-rigetto. La sperimentazione che stiamo conducendo riguarda appunto la possibilità di trattare questi casi particolarmente gravi con farmaci ricavati da cellule stromali mesenchimali, che grazie alle loro elevate capacità antinfiammatorie ci consentono di mitigare i sintomi del rigetto, dando così tempo all’organismo di adattarsi e accettare il midollo donato. Inoltre, rispetto alle tradizionali terapie antirigetto, questo farmaco sperimentale ha il grande vantaggio di non intaccare le capacità difensive del soggetto, a differenza dei farmaci immunosoppressori tradizionali».
A livello nazionale in tutta Italia sono una decina questi laboratori autorizzati dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). «Ad oggi siamo gli unici – spiega il Dott. Giuseppe Astori, direttore del Laboratorio di Terapie Cellulari Avanzate di Vicenza – a ricavare le cellule stromali mesenchimali dal cordone ombelicale, mentre in genere si utilizza il midollo osseo. Rispetto all’approccio tradizionale, l’uso del cordone ombelicale presenta però due vantaggi significativi: il primo è che essendo cellule molto giovani sono di ottima qualità e non c’è il rischio che vengano riconosciute come estranee dall’organismo, quindi sono molto sicure per il paziente; il secondo è che possiamo produrle utilizzando un materiale di scarto, che è molto più facile reperire come donazione rispetto al midollo osseo. C’è quindi il potenziale per aiutare un numero maggiore di pazienti».
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Il paziente che ha ricevuto l’infusione di cellule staminali mesenchimali cordonali è in fase di miglioramento. La terapia proseguirà per altre tre settimane. Il protocollo farmacologico, infatti, prevede tre infusioni da 100 milioni di cellule staminali mesenchimali cordonali, ciascuna. La capacità di crescita delle cellule staminali cordonali fa sì che le cellule staminali mesenchimali estratte da un singolo cordone possano addirittura essere sufficienti per la terapia di tre pazienti.
«Per ora siamo ancora in una fase sperimentale – spiega la Dott.ssa Francesca Elice, coordinatrice dello sviluppo clinico delle Terapie Cellulari all’interno della Ematologia, a proposito delle applicazioni concrete in terapia -, con trattamenti su pazienti selezionati, applicando protocolli messi a punto in sei anni di continua attività di ricerca, scrupolosamente rivisti e monitorati da AIFA. L’obiettivo è raccogliere un numero sufficiente di dati sui casi trattati tale da validare questa procedura come trattamento standard, dunque non sperimentale, per i pazienti con gravi forme di rigetto post trapianto di midollo. Sono diversi i trial clinici in corso in tutto il mondo e per ora i risultati sembrano molto promettenti».
Il cordone ombelicale, ancora una volta si mostra protagonista. Questa notizia tutta italiana ci allieta perché sappiamo cosa significhi essere parte di una cell factory. Bancare prodotti da tessuti non solo per conservazione, ma anche produzione di terapie a base di cellule staminali. Questo è la nostra banca. Questo è il presente e il futuro prossimo in cui ci auguriamo si possa dare anche al tessuto cordonale e alle cellule staminali mesenchimali in esso contenute, una precisa collocazione normativa.