«Le carenze organizzative delle aziende sanitarie non ricadano ancora una volta sui medici, cui non può essere negato anche nella Fase 2 il diritto ad una ripresa della libera professione gestiti secondo i limiti delle disposizioni di legge». Così la Federazione CIMO-FESMED in una nota, che riprende il caso dei tentativi di alcune Regioni e […]
«Le carenze organizzative delle aziende sanitarie non ricadano ancora una volta sui medici, cui non può essere negato anche nella Fase 2 il diritto ad una ripresa della libera professione gestiti secondo i limiti delle disposizioni di legge». Così la Federazione CIMO-FESMED in una nota, che riprende il caso dei tentativi di alcune Regioni e aziende, nei giorni scorsi, «di bloccare la “fisiologica” ripresa delle attività in libera professione negli ambulatori istituzionali», e le diffida dal portare avanti simili iniziative «anziché far fronte in altro modo al problema dei tempi di attesa per patologie non-Covid che, inevitabilmente, risultano oggi aumentati».
«Non solo – sostiene la Federazione – la categoria dei medici ha dedicato tutte le proprie energie all’emergenza ed ha ottemperato con grande senso di responsabilità ad ogni disposizione impartita dalle direzioni generali nel periodo critico o Fase 1. Non solo l’esercizio della libera professione individuale rimane un diritto stabilito da specifiche norme. Non solo le aziende o gli enti sono tenuti ad adottare tutte le iniziative previste per consentire ai dirigenti l’esercizio della libera professione intramuraria, ovviamente per un volume di prestazioni per ciascun dipendente non superiore a quello assicurato per i compiti e l’orario di lavoro istituzionale».
«Ma soprattutto – sottolinea CIMO-FESMED – non esiste, nell’ordinamento, che il blocco dell’attività libero professionale sia la strategia con cui esordire come prima e unica soluzione per fronteggiare la ripresa dell’attività medica ospedaliera (o istituzionale) soprattutto per quelle strutture che a causa dell’epidemia abbiano dovuto rallentare o cessare la propria attività “ordinaria” su patologie non-Covid».
«Pur condividendo la necessità di mettere in atto tutte le possibili soluzioni finalizzate alla riduzione delle liste di attesa, la Federazione sindacale dei medici – prosegue la nota – invita Regioni ed Aziende ospedaliere a non procedere in nessun caso con iniziative generalizzate di blocco dell’esercizio della libera professione dei propri medici, che comunque sarebbe illegittimo».
«CIMO-FESMED inoltre annuncia che, se costretta, si riserva di contrastare fino alle opportune sedi giudiziarie penali ogni comportamento difforme dalle disposizioni di legge o che sia basato su un uso pretestuoso delle prerogative datoriali pur di compensare evidenti carenze organizzative».