di Associazione Spazio Aperto
Gentile Direttore,
l’esperienza della gestione del COVID-19, soprattutto nelle regioni più colpite dalla pandemia, ha reso evidente a tutti l’importanza della cosiddetta sanità del territorio, quell’insieme di servizi e competenze professionali dedicate alla prevenzione delle malattie, alla promozione della salute e all’assistenza sanitaria primaria.
Perno dell’assistenza sanitaria territoriale è certamente il Medico di Medicina Generale (MMG), primo punto di contatto del cittadino con il sistema e snodo centrale nella presa in carico continuativa del paziente. Purtroppo, l’Italia è il paese europeo in cui i MMG hanno il minor numero di attrezzature sanitarie, lavorano spesso “in solo” o con un numero esiguo di personale a supporto. Secondo l’OECD l’Italia è oggi il paese europeo con la media più alta di medici di base per abitanti, 4 ogni 1000, ma il 73,5% di loro ha più di 27 anni di carriera ed è vicino alla pensione: nei prossimi anni, quindi, avremo circa 33.000 pensionamenti a fronte di soli 11.000 nuovi ingressi stimati.
Questo era lo scenario prima del COVID-19.
La prima lezione che abbiamo imparato da COVID-19 è che l’ospedale senza il coordinamento con la medicina territoriale rischia di essere inefficace. Questa assenza ha causato un grande afflusso, spesso tardivo, di pazienti gravi direttamente verso gli ospedali.
Troppo spesso i Medici di Medicina Generale, in virtù del loro status di liberi professionisti, sono stati lasciati soli e senza indicazioni per poter prendere decisioni. Hanno dovuto compiere scelte etiche sulla gestione dei pazienti sospetti COVID-19, che sono rimasti a casa senza diagnosi, senza terapia precoce, senza un’assistenza domiciliare strutturata e con la paura costante di contagiare i familiari. La conseguenza è stata che i Medici di Medicina Generale sono una delle categorie che ha pagato il prezzo più alto in termini di vite umane.
È inutile nascondersi: esiste una dicotomia tra l’Azienda Sanitaria e il Medico di Medicina Generale. Fortunatamente, come in ogni macrosistema, ci sono le eccezioni, i casi positivi; tuttavia questa separazione esiste e rende il sistema troppo poco reattivo e troppo poco capace di adattarsi alla complessità. È quindi il momento di ripensare il ruolo di questo attore fondamentale, il “medico di base”, perché è su basi solidi che dobbiamo costruire un nuovo SSN, così da poter garantire una società più giusta ed equa in termini di accesso ai servizi e di diritto alla salute.
La proposta qui presentata nasce da uno studio ed un lavoro che come Associazione “Spazio Aperto” abbiamo realizzato prima della crisi COVID-19.
Tuttavia, proprio la crisi ha mostrato l’importanza e l’urgenza di agire!
La proposta consiste in 5 punti che, attuati congiuntamente, possono rafforzare la sanità territoriale e ridare centralità al MMG nel suo fondamentale ruolo di punto di riferimento per i pazienti:
– Quota Fissa (pari alla somma delle tre quote oggi esistenti: capitaria, variabile e servizi);
– Quota Premiale.
La Quota Premiale dovrebbe essere legata alla reale produttività dei MMG tenuto conto della loro capacità di raggiungere le performance di salute, quantitative e qualitative, e di lavorare in equipe multi-professionale definite secondo parametri stabiliti in maniera univoca e nazionale.
– Attività Ambulatoriale;
– Attività Assistenza Domiciliare.
La somma delle ore imputate a queste attività costituirà una parte dell’orario lavorativo settimanale complessivo, così da garantire la fruibilità minima ai cittadini in termini di accesso.
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