di Luciano Cifaldi, oncologo, segretario Cisl Medici Lazio
Gentile Direttore,
se noi della Cisl Medici Lazio dovessimo iniziare a fare l’elenco delle cose che nella galassia pandemia non hanno funzionato ebbene sono certo che non riusciremmo mai a completarlo.
Dalle carenze dei dispositivi ai dichiarati e mai realizzati posti letto di terapia intensiva; dalle consulenze pagate a spese della collettività ed in maniera molto profumata per incarichi assistenziali, che di assistenziale hanno pressoché nulla, ai troppi atti deliberativi che nelle Asl possono nascondere ben altro ma trovano ampia motivazione nelle premesse che, guarda caso, fanno sempre riferimento alla necessità di fronteggiare l’emergenza pandemica con decisioni straordinarie e temporanee.
Le primule? Archiviate, e meno male. Forse non era un atto di politica da basso Impero Romano ma un tenero omaggio all’ottimismo e a sentimenti di speranza, una specie di inno alla gioia. Il simbolo di un fiore ad identificare i luoghi, tutti da costruire dopo assegnazione a seguito di regolarissimo appalto, dove fare confluire i cittadini per consentire loro di potersi vaccinare e di non ammalarsi. Commovente direi.
Nell’Italia dei cinema e dei teatri, delle palestre e dei campi sportivi chiusi per il confinamento delle persone e il lockdown del cervello, nell’Italia delle caserme quasi spopolate ma pur sempre presidiate, qualcuno si era inventato solo poche settimane fa i prefabbricati con le primule. Nell’Italia dove nei prefabbricati ci sono donne e uomini sopravvissuti a recenti terremoti e ancora in attesa di una casa degna di tale nome, cosa si inventa qualcuno? Un progetto architettonico con l’uso di padiglioni prefabbricati da usare per la somministrazione del vaccino. Il costo di questa roba? Molti milioni di euro ma tanto avrebbe pagato Pantalone.
In una Capitale dove esiste il Roma Convention Center La Nuvola e ad un paio di centinaia di metri un palazzo dello sport, in una città dove si trova un Auditorium ed un numero quasi infinito di strutture in grado di ospitare centri vaccinali, ebbene avremmo dovuto assistere al proliferare di questi costosi padiglioni prefabbricati. Chissà perché. E magari, si spera quanto prima, qualcuno svelerà anche questo mistero, ed auspicabilmente lo farà “In nome del popolo italiano”.
Però, a volere essere realisti, a noi medici della Cisl delle primule non ce ne frega nulla, e neanche del bonus per i monopattini e men che meno dei banchi a rotelle che dovrebbero girare, le rotelle, innanzitutto nei cervelli. Questi potrebbero essere argomento da Corte dei conti o da magistratura inquirente.
Gentile Direttore, qui il tema più urgente è quello di rendere giustizia al personale sanitario. A chi si è ammalato, a chi è morto, ai loro familiari. Abbiamo vissuto un inizio della pandemia dove i dispositivi di sicurezza scarseggiavano e ci siamo dovuti accontentare di quello che ci passavano. E tra le mascherine che ci hanno fornito ricordo ancora quei pannucci, quelle schifezze rese note al grande pubblico da un video del presidente della regione Campania che le contestava egli stesso. E ricordo la mia rabbia e la rabbia dei miei colleghi alla vista di quella robaccia.
Ma ad oltre un anno da quella emergenza clinica e di approvvigionamento di forniture oggi monta la rabbia nel dover assistere ai sequestri di mascherine inutili, inefficaci e dunque pericolose, frutto di un cervellotico meccanismo, che ancora sembra protrarsi, per il quale basta l’autocertificazione del produttore, solitamente di un paese orientale, per entrare nell’elenco dei dispositivi accettati in “deroga”. Ma in deroga di cosa? Qualcuno si è fumato il cervello per realizzare questa cosa allucinante? Ma che significa in deroga? Che non si fanno test, che non si fa una analisi merceologica e che ci siamo messi in faccia qualsiasi cosa che ci è stata rifilata negli ospedali. E questo è potuto accadere perché un qualsivoglia comitato di esperti, e in Italia c’è sempre un comitato o una commissione a rendere meno chiaro ciò che di per sè magari lo sarebbe, ha detto che andava bene e che le mascherine soddisfacevano tutti i requisiti previsti dalla normativa. Le mascherine FFP2 KN95 anche se riportavano la scritta “medical use prohibited” oppure “non medical usage” erano dunque conformi. Ma conformi a cosa? Ad una autodichiarazione del produttore o di chi le ha vendute.
Oste come è il tuo vino? Ostia se l’è bon.
Tutto questo dopo un anno di chiusure e di clausura dove, vuoi per l’incapacità di troppi governanti parolai e vuoi per la legge di Murphy, quello che poteva andare storto è davvero andato storto.
Ora vogliamo giustizia. Il tempo è scaduto. Chi ha sbagliato deve pagare. E se gli inquirenti dovessero accertare che qualcuno si è arricchito senza “sbagliare”, ma proprio perché ha seguito i propri disegni delinquenziali, allora dovrebbe pagare due volte se ciò fosse possibile. Noi della Cisl Medici Lazio, ed è tutto pubblico e tutto tracciato, avevamo chiesto di verificare che le mascherine forniteci fossero veramente idonee. Nessuno ci ha risposto, siamo rimasti inascoltati. Troppe le inaugurazioni da presenziare per trovare il tempo di ascoltarci e rispondere. E allora applausi scroscianti al Settimo Cavalleggeri che oggi non porta più la divisa blu dell’epopea del Far West. Ma sapeste quanto fa bene al cuore vederli arrivare nelle loro divise grigio-verde o rosso-nere ed anziché sentire gli squilli di una tromba li riconosciamo per le fiamme gialle che portano sul cappello di ordinanza oppure per la granata sormontata dalla fiamma con tredici punte piegata dal vento.
Lealtà e fedeltà sono i sentimenti che avrebbero dovuto ispirare i sentimenti di chi ha avuto nelle proprie mani il destino di tanti operatori sanitari che oggi non sono più in vita.
Non erano eroi ma professionisti caduti nell’adempimento del proprio dovere lavorativo.
Nel loro nome ritengo si debba chiedere, anzi pretendere, che venga fatta giustizia e chi ha sbagliato debba pagare.
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