Contributi e Opinioni 3 Dicembre 2021 15:36

Claims made, perché la retroattività di 10 anni potrebbe non essere sufficiente?

«In sede di sottoscrizione della polizza, potrebbe risultare più prudente richiedere un termine di retroattività superiore ai dieci anni o, addirittura, illimitato»

di Cristina Lombardo, Avvocato operante nell’ambito della RC medica, e Attilio Steffano, Presidente Assimedici e CEO HSM

La strutturazione delle coperture assicurative delle aziende sanitarie e degli esercenti la professione sanitaria richiede – da sempre – una particolare consapevolezza e competenza in ordine ai rischi e alle criticità tipici dell’attività che si intende assicurare al fine di salvaguardare la serenità dell’assicurato.

Proprio in quest’ottica, nell’ambito della riforma normativa introdotta dalla Legge 24/2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco), il Legislatore ha scelto di prevedere un corredo minimo di requisiti che tutte la suddette polizze assicurative devono necessariamente contenere, per garantire, da un lato, gli assicurati e, dall’altro lato, i soggetti danneggiati.

All’art. 11 della L. 24/2017, è infatti espressamente previsto che la copertura assicurativa operi per tutte le richieste risarcitorie pervenute all’assicurato e denunciate alla compagnia, per la prima volta, durante la vigenza temporale della polizza, anche se la condotta lesiva ed il danno conseguente si siano verificati in un periodo precedente a quello di vigenza della polizza (c.d. claims made, letteralmente, “a richiesta fatta”).

Claims made, la retroattività decennale

Per quanto concerne il fatto generatore della richiesta risarcitoria, è stata inoltre prevista una retroattività decennale riferita quindi ad eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo.

Per fare un esempio maggiormente esplicativo dello schema contrattuale introdotto dalla norma, se il periodo di vigenza del contratto assicurativo decorre dal 1 gennaio 2021 sino al 31 dicembre 2021, perché la polizza sottoscritta dal medico o dalla struttura sia operativa, la richiesta risarcitoria del paziente e la conseguente denuncia del sinistro dovranno pervenire – per la prima volta – nel corso del suddetto periodo annuale (claims made), ma ben potranno riferirsi a fatti occorsi sino a 10 anni prima (retroattività decennale). La norma in esame prevede anche un periodo di ultrattività in caso di cessazione definitiva dell’attività, elemento che, tuttavia, non sarà oggetto del presente approfondimento.

In questa sede, appare infatti più opportuno soffermarci sul periodo di retroattività di dieci anni previsto ex lege, per comprendere se tale specifica estensione temporale, nelle polizze di RCT delle strutture e dei sanitari, sia effettivamente adeguata per tutelare l’assicurato.

La retroattività decennale è sufficiente?

Per poter rispondere a tale quesito, si deve necessariamente far riferimento alla prescrizione, ossia al termine temporale del diritto di agire nei confronti del responsabile da parte del terzo danneggiato (i.e. paziente).

Sappiamo, al riguardo, che il termine prescrizione può variare da 5 a 10 anni, in base alla natura della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale. Nell’ambito specifico del contezioso sanitario, l’art. 7 della Legge Gelli-Bianco ha infatti introdotto un doppio binario della responsabilità:

  • di natura contrattuale (ex artt. 1218 e 1228 c.c.), per le strutture, pubbliche e private, ed i liberi professionisti scelti direttamente dal paziente; in tal caso, la prescrizione dell’azione risarcitoria è di 10 anni;
  • di natura extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.), per gli esercenti c.d. strutturati; in tal caso, la prescrizione dell’azione risarcitoria è invece di 5 anni.

Se ci soffermassimo quindi solo su questi semplici dati, il termine decennale della retroattività previsto dal Legislatore sembrerebbe pienamente congruo; come vedremo di seguito, tuttavia, in alcuni casi, potrebbe non esserlo.

La prescrizione mobile

È difatti essenziale evidenziare che, la prescrizione è, per sua natura, “mobile”; ciò significa, in concreto, che il dies a quo, ossia il termine da cui inizia a decorrere il periodo di 5 o 10 anni (a seconda dell’inquadramento del rapporto), non sempre coincide con il momento in cui il fatto dannoso si è verificato. Tale termine, in alcuni casi particolari, inizia infatti a decorrere in un momento successivo: da quando il danno si manifesta effettivamente e da quando il soggetto danneggiato ha conoscenza (o avrebbe potuto farlo, con l’ordinaria diligenza) del nesso causale tra il danno e la condotta del danneggiante.

Ecco che, in tutte queste ipotesi, il termine prescrizionale (di 5 o di 10 anni) inizia a decorrere in un momento (anche di molto) successivo a quello in cui sia stato materialmente eseguito il trattamento sanitario.

La “percepibilità” e la “conoscibilità del danno” da parte del soggetto danneggiato e la sua consapevolezza della “rapportabilità causale” di tale danno con la condotta (colposa) del danneggiante – soprattutto in un ambito come quello dei sinistri sanitari, definiti lungolatenti per le peculiarità che li caratterizzano – giocano dunque un ruolo essenziale, ai fini della decorrenza del periodo prescrizionale; pensiamo, ad esempio, ai contagi da emotrasfusione degli anni ’70 o ’80 ovvero al classico caso di scuola della garza lasciata nell’addome del paziente durante un intervento chirurgico, di cui il paziente viene a conoscenza solo a distanza di diversi anni.

Tutto ciò, espone il sanitario, ma ancor più di frequente le strutture, ad ipotesi di potenziale “scopertura”, ossia di inoperatività della polizza, in quanto, in concreto, l’atto generatore della responsabilità potrebbe non risultare compreso nel termine (decennale) della retroattività.

L’incremento graduale della retroattività

Si fa notare, in merito, che taluni testi di polizza prevedono un meccanismo di incremento graduale, di anno in anno, del periodo decennale di retroattività, qualora il sanitario o la struttura mantengano la copertura assicurativa presso la stessa compagnia assicurativa per diversi anni consecutivi; sostanzialmente, il periodo inziale di 10 anni, viene ad incrementarsi per ogni anno di rinnovo della polizza. Tale previsione non è però sempre presente nei contratti e si interrompe, in ogni caso, ogni qualvolta l’assicurato scelga di cambiare compagnia.

Per queste ragioni, in sede di sottoscrizione della polizza, potrebbe risultare più prudente richiedere un termine di retroattività superiore ai dieci anni o, addirittura, illimitato. Anche tale opzione non è tuttavia sempre realizzabile a causa delle oggettive criticità, in termini di sostenibilità economica, con le quali, negli ultimi anni, sia la compagnia sia lo stesso contraente si trovano a dover fare i conti.

 

Avv. Cristina Lombardo Foro di Milano
Avvocato operante nell’ambito della RC medica
Master Universitario di II Livello in Management della Responsabilità Sanitaria

 

Dott. Attilio Steffano
Presidente Assimedici e CEO HSM

 

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