Quando si può parlare di colpa grave? Novità e precisazioni emergono da una recente sentenza della Corte di Cassazione
Con una recente sentenza, la n.18347 del 29 aprile – 12 maggio scorsi, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, chiarisce alcuni fondamentali aspetti in relazione al come stabilire correttamente la responsabilità penale del medico. Ciò porta, in primo luogo, ad un chiarimento sulla natura della colpa grave, la quale deve caratterizzarsi, testualmente, come “[…] una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato, rispetto al parametro dato dal complesso delle raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento, quando cioè il gesto tecnico risulti marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle condizioni del paziente […]”.
I giudici di merito, sia in primo grado sia in appello, avevano condannato qualche anno fa due medici, per gravi lesioni personali colpose compiute in cooperazione, nei confronti di una paziente da questi operata ed assistita nella fase post-operatoria. Si attribuì agli esercenti la professione sanitaria una colpa generica, data da imprudenza, negligenza ed imperizia.
In estrema sintesi: il primo medico, dopo aver eseguito un intervento chirurgico alle ovaie, avrebbe tardato nel valutare correttamente alcune complicanze post-operatorie, intervenendo di nuovo chirurgicamente per risolverle con un eccessivo ritardo; il secondo medico avrebbe anch’esso mal valutato ulteriori complicanze, emerse in seguito a quest’ultimo intervento, non procedendo tempestivamente ad una adeguata terapia. Tali comportamenti tardivi ed omissivi avrebbero determinato l’indebolimento permanente della funzione contenitiva della parete addominale e della funzione di assorbimento del colon della paziente.
Tra i motivi di ricorso presentati dai due medici uno è comune ad entrambi. Esso riguarda il nesso eziologico, ossia – nello specifico – il legame causale tra l’azione dei medici e il danno subito dalla paziente. La difesa, già in appello, aveva evidenziato come non vi fosse alcuna certezza che il ritardo dell’intervento chirurgico riparatore potesse esser causa delle lesioni gravi e permanenti nella paziente. In altri termini, anticipare l’intervento non avrebbe cagionato alla paziente alcun beneficio in più. Come riporta la Corte suprema, non risultava alcuna possibilità “[…] di formulare un positivo giudizio controfattuale tra la prospettata omissione e l’evento […]”. Ed proprio sugli aspetti di analisi controfattuale che si concentra la decisione della Suprema Corte.
La Sezione IV Penale annulla la sentenza impugnata per prescrizione. Tuttavia – essendo ancora pendente l’azione civile – la corte entra nel merito, riconoscendo la fondatezza dei ricorsi presentati in relazione al nesso eziologico. In particolare, la Suprema Corte evidenzia come il giudice di merito, quando è chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità di un medico, abbia il dovere di articolare le sue motivazioni seguendo un ben preciso protocollo, che possiamo delineare come segue. Egli deve:
In relazione al primo punto, è opportuno che il giudice evidenzi quello che avrebbe dovuto essere il comportamento corretto del medico, seguendo le linee guida e/o le buone pratiche: è questa l’analisi controfattuale da eseguire.
Risulta evidente come il ragionamento compiuto dalla Corte di Cassazione porti ad un chiarimento sulla questione della colpa grave, che viene pertanto definita – come detto – una “deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato”, stabilito – quest’ultimo – dalle linee guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali. Pertanto, più la vicenda risulta oscura, problematica ed equivoca rispetto a tali norme, più il giudice deve propendere a considerare lieve la colpa del medico.
Indubbiamente la sentenza n.18347/2021 pone alcune precise limitazioni all’operato dei giudici di merito. Costoro – al fine di determinare il grado della colpa – hanno l’obbligo di definire con elevata precisione il comportamento appropriato dell’esercente la professione sanitaria, fondato su chiare linee guida e consuetudinarie buone pratiche clinico-assistenziali, così come definite dal decreto Balduzzi e dalla successiva legge Gelli-Bianco. Dal discostamento da tale comportamento atteso può essere quindi stabilito il grado della colpa. Rimane certamente però necessario provvedere a tutelarsi assicurativamente nel miglior modo possibile sulla colpa grave, così come risulta opportuno attrezzarsi con una adeguata difesa legale.
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