«Nel decreto del governo per l’emergenza coronavirus in discussione al Senato sia prevista in tutto il territorio nazionale, per tutti i medici dell’emergenza territoriale, la garanzia di questa indennità» afferma la vicepresidente della Commissione Affari Sociali
«Sono centinaia i medici che in questi giorni di lotta feroce contro il coronavirus lavorano con rapporto in convenzione in prima linea nei servizi territoriali del 118 senza poter usufruire dei diritti minimi dei lavoratori come l’indennità di lavoro straordinario, indennità notturna, indennità festiva, malattia, e privi delle norme elementari che regolano gli orari di lavoro imposti dalla legge. Con la beffa, in alcuni casi, di essersi visti tagliare o eliminare dalle Aziende sanitarie locali l’indennità di rischio». La denuncia arriva da Michela Rostan, vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera.
«Una condizione insostenibile – continua Rostan – per chi oggi mette quotidianamente a repentaglio la propria salute per tutelare la nostra. Nel decreto del governo per l’emergenza coronavirus in discussione al Senato sia prevista in tutto il territorio nazionale, per tutti i medici dell’emergenza territoriale, la garanzia di questa indennità. È il riconoscimento minimo che deve essere tributato a questi eroi che combattono il virus strada per strada, casa per casa».
«Al tempo stesso – prosegue la deputata di Italia Viva – ribadisco la necessità di prevedere, sempre all’interno del decreto emergenza coronavirus, la copertura necessaria a garantire i tamponi ai medici di famiglia in quarantena e l’istituzione di unità speciali territoriali per il coordinamento delle attività degli stessi, al fine di evitare il più possibile il contagio e l’isolamento in seguito alla loro attività. Occorre ridurre la possibilità per i medici di contatto con i pazienti considerati ad alto rischio attraverso la razionalizzazione del servizio, la dotazione dei dispositivi di protezione individuale e formando le unità speciali sulla base di schede di valutazione dei pazienti dei medici di famiglia».