La vicepresidente della Commissione Affari Sociali Michela Rostan tuona contro i ritardi nella distribuzione delle mascherine: «I quasi cinquemila operatori sanitari contagiati, il doppio della Cina, sono molto più di un segnale di allarme su un’errata impostazione dei sistemi di lavoro»
«Si faccia subito chiarezza su eventuali ritardi e sui criteri di distribuzione dei dispositivi di protezione individuale agli operatori sanitari e a tutto il personale coinvolto nelle attività di contrasto alla diffusione del coronavirus. I quasi cinquemila operatori sanitari contagiati, il doppio della Cina, sono molto più di un segnale di allarme su un’errata impostazione dei sistemi di lavoro che devono contemplare in primis meccanismi adeguati per la tutela di medici, infermieri, tecnici di laboratorio e medici di famiglia. Non possiamo più mandare al macello senza adeguate protezioni proprio le donne e gli uomini che devono combattere in prima linea per fermare il contagio». Lo ha dichiarato Michela Rostan, Italia Viva, vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera.
«Su ventidue decessi registrati finora – ha proseguito la deputata di Italia Viva – la metà sono medici di famiglia che, salvo alcune piccole operazioni spot, ancora non hanno ricevuto alcun presidio di protezione e continuano ad operare in tutta Italia in condizioni di pericolo inaccettabile per sé stessi e per i loro assistiti. Il fatto poi che oltre la metà dei contagiati siano donne che lavorano negli ospedali, e che poi rientrano a casa a fine turno, è ulteriore prova che qualcosa non è andata per il verso giusto. Non possiamo sconfiggere il virus se sono proprio gli operatori sanitari a diffonderlo».
«Ciò che sta avvenendo in Veneto con i tamponi obbligatori a tutti gli operatori sanitari – ha concluso Rostan – dai quali risulta un’alta presenza di casi positivi, deve essere replicato in tutte le regioni italiane. E bisogna farlo subito. Non può essere ammissibile che i tamponi vengano fatti ai calciatori e non a chi quotidianamente lavora negli ospedali, nei presìdi medici, negli ambulatori, nei servizi di emergenza a stretto contatto con centinaia di persone ogni settimana. Non è così che sconfiggeremo il virus».