Le prime evidenze cliniche indicano che nei mesi successivi all’infezione da SARS-CoV 2 i polmoni possono presentare alterazioni fibrotiche. Secondo alcuni studiosi, almeno il 30% dei pazienti affetti da COVID-19 potrà avere tali alterazioni. In altre parole, il passaggio del SARS-CoV2 può lasciare cicatrici importanti a livello polmonare, cicatrici che possono evolvere provocando una insufficienza […]
Le prime evidenze cliniche indicano che nei mesi successivi all’infezione da SARS-CoV 2 i polmoni possono presentare alterazioni fibrotiche. Secondo alcuni studiosi, almeno il 30% dei pazienti affetti da COVID-19 potrà avere tali alterazioni. In altre parole, il passaggio del SARS-CoV2 può lasciare cicatrici importanti a livello polmonare, cicatrici che possono evolvere provocando una insufficienza respiratoria cronica.
«Se tali evidenze venissero confermate – commenta l’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri AIPO in una nota -, sarà necessaria una decisa risposta della Pneumologia che dovrà affrontare e gestire i pesanti segni lasciati dal passaggio dell’infezione per cercare di attutirne le conseguenze».
«Lo scenario è possibile ma non ancora ben definito nei suoi contorni» afferma il professor Poletti, Past President dell’Associazione, Chair della Assembly 12 dedicata alle malattie polmonari diffuse della European Respiratory Society (ERS), Professore ad Aarhus (Danimarca) e Direttore del Dipartimento Toracico della AUSL Romagna.
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«Non sappiamo ancora se il danno polmonare possa rappresentare una sequela di cicatrici attive al polmone o invece determinare un processo fibrosante e progressivo. La cosa fondamentale – continua Poletti – sarà farsi controllare periodicamente; ma non solo, sarà importante che le istituzioni nazionali e regionali confermino e consolidino le risorse umane e tecnologiche sin qui garantite in modo che gli sforzi fatti dagli pneumologi consentano al Servizio Sanitario Nazionale di curare e seguire appropriatamente questi pazienti».
«I danni polmonari come conseguenza della infezione da SARS-CoV-2 o della terapia ventilatoria alla quale i medici hanno dovuto ricorrere nella gestione della fase acuta della malattia, sono uno scenario futuro possibile al quale ci dobbiamo preparare con gli strumenti adeguati» spiega Poletti.
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«Questa previsione si basa su quello che già si è osservato nei soggetti trattenuti in terapia intensiva e ventilati meccanicamente dopo lo sviluppo di un danno polmonare acuto dovuto a una varietà di cause (infezioni, shock settico, danno da farmaci, radiazioni, etc) e su quanto si è osservato in una minoranza di pazienti ammalatisi molti anni fa di infezione da Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS) il cui agente patogeno presenta numerose analogie con il virus responsabile dell’infezione da COVID-19».
«È per questo che ci siamo attivati operativamente come Società Scientifica per organizzare controlli clinici (funzionali e radiologici) nei soggetti con COVID-19 positivi e, in particolare, in quei soggetti che a causa di questa malattia sono stati assistiti con supporti ventilatori».
«Inoltre, al fine di facilitare gli accessi ai percorsi di cura di soggetti che, a causa dell’infezione da COVID-19 sono stati sottoposti all’ausilio di supporti ventilatori, AIPO-ITS sta promuovendo modelli organizzativi che possano avere un forte impatto in questo ambito» conclude l’esperto.
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