Intervista all’avvocato Elena Dragagna, collaboratrice del blog “Pillole di Ottimismo” curato dal virologo Guido Silvestri: «La Corte Costituzionale ha sottolineato esplicitamente che ci vuole un bilanciamento dei vari diritti. E anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha sancito che la limitazione della libertà dev’essere l’extrema ratio»
In questi mesi di pandemia globale in tutto il mondo istituzioni, giuristi e cittadini si interrogano sulle restrizioni alle libertà per fronteggiare il Covid-19. Se nei primi mesi dell’emergenza l’eccezionalità dell’evento pandemico e la necessità di tutelare la salute pubblica di fronte a un nemico sconosciuto aveva in qualche modo giustificato la forte compressione di alcuni diritti fondamentali, ora, di fronte ad un possibile nuovo lockdown, molti nutrono più interrogativi e dubbi.
Ne abbiamo parlato con Elena Dragagna, avvocato civilista, specializzata nel contenzioso, cassazionista, da qualche mese nota al grande pubblico per i suoi articoli pubblicati sulla pagina “Pillole di ottimismo” curata dal virologo della Emory University di Atlanta Guido Silvestri, collaboratrice della sezione “Law and Economy” assieme ad altri professionisti.
Di fronte a questi grandi interrogativi giuridici, Dragagna in un articolo aveva portato all’attenzione dei lettori un precedente molto significativo: il caso di un cittadino svedese più volte posto in isolamento coattivo in quanto malato di AIDS, pacificamente considerato malato e contagioso e dedito a comportamenti a rischio.
«Nonostante tutti questi fattori – ha spiegato l’avvocato a Sanità Informazione – la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto che la privazione della libertà debba essere l’ultimo step e che prima bisogna cercare altre modalità di intervento. Tutto questo nonostante l’esistenza dell’articolo 5 della CEDU, comma 1, lettera E, che consente dei limiti alla libertà in caso di persona suscettibile di propagare una malattia contagiosa. La Corte, anche in una situazione del genere (nel caso specifico c’era anche una legge svedese che autorizzava l’isolamento coattivo) ha ritenuto che comunque non ci fosse una situazione tale da giustificare quella misura, in quanto non era stato dimostrato che fossero state cercate soluzioni alternative meno invasive sulla libertà della persona».
Secondo l’avvocato, la sentenza è un precedente di cui non si può non tenere conto di fronte alle misure disposte per i positivi al Covid-19: «Abbiamo letto spesso di come persone positive al Covid-19, anche dopo decine di giorni, non fossero riuscite ad avere il doppio tampone negativo che ne certificava il superamento della malattia. L’eliminazione del doppio tampone è stata una delle battaglie di ragionevolezza di Pillole di Ottimismo, vinta con la Circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre che sancisce un limite di 21 giorni di isolamento. Spesso si tratta di persone con una residua positività ma non più contagiose: c’è stato il caso di una persona, un malato oncologico asintomatico, che non tornava negativo e quindi è rimasto 156 giorni in isolamento. Se questo non è un danno alla persona ed una violazione della sua libertà…».
Che il diritto alla salute sia uno dei diritti fondamentali del cittadino è cosa nota. Ce lo ricorda la Costituzione all’articolo 32, inserito nella prima parte denominata “Diritti e Doveri dei cittadini”. Più complesso spiegare che rapporto ci sia tra diritto alla salute e gli altri diritti essenziali sanciti dalla nostra Carta fondamentale.
«La Costituzione colloca il diritto alla salute all’articolo 32, un posizionamento che comunque lo mette dopo altri diritti – spiega Dragagna -. Non l’hanno messo prima del diritto alla libertà personale (art. 13), del diritto al lavoro (art. 1), del diritto di riunione, di associazione, di religione. Nell’elencazione che ne fa la Costituzione, questi altri diritti vengono prima; il che non significa che gli altri diritti siano superiori, ma neppure che lo sia quello alla salute. Il diritto alla salute è sì un diritto fondamentale ma ciò non significa che sia preminente rispetto agli altri: ciò è stato esplicitato anche dalla sentenza della Corte Costituzionale 85 del 2013 che ha sottolineato esplicitamente che ci vuole un bilanciamento dei vari diritti. Nel caso specifico la Corte ha sancito che c’è un diritto al lavoro e un interesse costituzionalmente rilevante al mantenimento dei livelli occupazionali. La Corte Costituzionale ha dunque stabilito che l’assunto secondo cui il diritto alla salute sarebbe preminente rispetto a tutti gli altri diritti è sbagliato: bisogna sempre fare un bilanciamento. Oggi sembra che questa sentenza non sia mai esistita».
Altro capitolo è quello delle fonti del diritto: in tanti si sono chiesti se un Dpcm o un’ordinanza regionale fossero sufficienti a limitare un diritto costituzionalmente garantito. Anche su questo l’avvocato Dragagna pone dei dubbi. «L’articolo 13 della Costituzione definisce esattamente come si può limitare la libertà personale – continua l’avvocato -. Questo può avvenire solo sulla base di due presupposti, entrambi indispensabili: la riserva di legge assoluta e un atto dell’autorità giudiziaria. Il Dpcm non può impedire di uscire di casa a fare una passeggiata perché non possiede nessuno dei due requisiti. Si è confuso l’articolo 13 con l’articolo 16 della Costituzione. In base all’articolo 16 si può prevedere un divieto di circolazione, precludendo l’accesso a dei luoghi specifici. Ma nel momento in cui il divieto di spostamento è verso qualsiasi luogo c’è una violazione dell’articolo 13».
Di fronte allo spettro di un nuovo lockdown, non cambia la linea di Pillole di Ottimismo, da sempre contro un lockdown generalizzato, anche se in un recente post del virologo Guido Silvestri si apriva alla possibilità di lockdown mirati nelle aree dove l’indice di contagio sale oltre i livelli di guardia.
«La linea di Pillole di Ottimismo è sempre stata contro il lockdown se generalizzato, e anche riguardo a quello mirato e focalizzato su una specifica “zona rossa” si è sempre detto che dev’essere una extrema ratio – ricorda Dragagna -. Non lo dice solo Pillole di Ottimismo, lo dice anche la stessa OMS. Nell’ultimo articolo dal titolo “Alzare lo sguardo”, tra le varie cose, cito un’intervista recentissima a David Nabarro dell’OMS che ha ricordato come la stessa Organizzazione mondiale della Sanità sconsigli i lockdown, ritenendoli l’ultima opzione. La posizione di Pillole è stata di ritenerli sbagliati ma chiaramente se c’è una zona limitata in cui c’è una situazione di importante focolaio il discorso cambia, in quel caso può avere un senso, purché le limitazioni siano mirate e limitate nel tempo. La paura è che si parta da due settimane di limitazioni per poi vedere continuamente prorogati questi provvedimenti».
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