L’alimentazione, la famiglia, la femminilità, la gestione del dolore, la maternità possibile, la ricerca di informazioni affidabili anche sul web: sono solo alcuni dei dubbi e degli ostacoli che si trovano ad affrontare le donne che ogni giorno ricevono una diagnosi di cancro. Per sostenerle, Daiichi Sankyo ha chiesto il supporto dei maggiori esperti italiani, […]
L’alimentazione, la famiglia, la femminilità, la gestione del dolore, la maternità possibile, la ricerca di informazioni affidabili anche sul web: sono solo alcuni dei dubbi e degli ostacoli che si trovano ad affrontare le donne che ogni giorno ricevono una diagnosi di cancro. Per sostenerle, Daiichi Sankyo ha chiesto il supporto dei maggiori esperti italiani, raccogliendo i loro preziosi contributi in Pink Positive, un ebook già scaricabile gratuitamente, che nei prossimi mesi si arricchirà di nuovi capitoli e avrà un sito completamente dedicato, con contenuti multimediali accessibili a tutti».
«Ad oggi nove capitoli scritti da specialisti esperti, oncologi, psico-oncologi, nutrizionisti, ematologi e pediatri, giornalisti specializzati, nelle varie discipline coinvolte nella gestione e cura del cancro e dedicato in particolare alle donne, legati da un preciso fil rouge: la speranza, ovvero la gestione del presente e della malattia nell’ottica del futuro, dell’“oltre” e dopo il cancro» spiega Daiichi Sankyo in una nota.
«Dal momento della diagnosi – prosegue la nota – tutte le risorse interiori e l’attenzione delle pazienti sono di solito concentrate sulla guarigione fisica e clinica, orientate ad affrontare i trattamenti farmacologici o chirurgici, ma i risultati richiedono tempo, spesso diversi anni, e nel mezzo ci sono la routine quotidiana, sociale e lavorativa, così come i progetti per il futuro. Ecco quindi che aspetti diversi e troppo spesso trascurati nelle prime fasi, come ad esempio l’elaborazione del trauma personale e familiare, riemergono in tutta la loro forza e necessità, nel percorso di cura».
«Ascoltare ed accettare le proprie vulnerabilità – continua – vuol dire imparare a curare le ferite per renderle cicatrici guarite, testimoni della propria capacità di recupero. Ma elaborare una ferita è un procedimento lungo che necessita di pazienza, cura e rispetto dei tempi, e può essere paragonato alla tecnica orientale del ‘kintsugi’, ovvero “riparare con l’oro”, una pratica che utilizza metalli preziosi per riparare oggetti di ceramica rotti, trasformandoli in oggetti “preziosi’, pezzi unici che acquistano maggior valore proprio in virtù della riparazione con colature d’oro o d’argento».
«Affrontare una patologia oncologica – segue – vuol dire anche imparare a “collocarla”. Quando l’incontro con la malattia è altamente traumatico, lo sconvolgimento di vita è massivo e i ritmi e le abitudini quotidiane cambiano drasticamente, rischiamo di far diventare la malattia l’unico specchio in cui riflettere la nostra immagine, l’unico paradigma di riferimento, permettendole di prendersi tutto il nostro spazio vitale, in un modello di gestione “di fronte e ovunque”, incastrate in una tela simile a quella di un ragno che cattura le sue vittime, immobilizzate dai nostri stessi pensieri e delle nostre paure. Ma un’alternativa è possibile ed è il paradigma dell’“accanto e oltre” che significa riconoscere la presenza della malattia nella nostra vita senza conferirle un ruolo di sovranità: “con” la malattia e “nonostante” la malattia si rimane pienamente protagonisti della propria esistenza. La possibilità di sentirsi al timone della propria vita e il senso di “controllo” su di essa non si declina in un’assunzione di responsabilità che ci porta a riconoscere che nonostante le migliori intenzioni non sapremo mai esattamente cosa ci aspetta dietro l’angolo ma possiamo scegliere di impegnarci per affrontare al meglio ciò che non potremmo evitare. Tale condizione emotiva rappresenta la più alta e autentica forma di controllo possibile poiché non dipende dalla bontà degli eventi ma dalle nostre scelte.
«Curare la malattia -conclude – è un processo integrato che coniuga il valore delle terapie mediche con la considerazione e il riguardo per il senso di sé, della propria identità e del proprio mondo interiore fatto di affetti, vita sociale, relazionale e lavorativa. Ci vuole molto coraggio per decidere di affrontare ciò che non abbiamo scelto, è necessario stipulare un nuovo patto con sé stesse per vivere e governare la malattia impegnandosi ad affrontarla nel modo migliore possibile. – spiega Flavia Vicinanza, Psicologa Psicoterapeuta Psico-oncologa del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e autrice dei capitoli Vivere la malattia: affronta, cura, progetta e Il Romanzo Familiare del Cancro – . Accettare la precarietà, la fragilità, in tutte le sue manifestazioni, è il primo passo per elaborare il dolore, mantenere la progettualità e coltivare la speranza. Oggi, nonostante la diagnosi di cancro al seno, si può vivere bene e a lungo ma per fare questo occorre conservare un atteggiamento fiducioso, un oltre che non si ferma alle difficoltà del presente ma riesce ad immaginare scenari futuri».
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