Uno studio presentato al 68° Congresso dell’American College of Cardiology (ACC) a New Orleans ha dimostrato che, in pazienti con embolia polmonare acuta a basso rischio, la dimissione del paziente anticipata e il trattamento domiciliare con rivaroxaban è fattibile, efficace e sicuro. I risultati dell’analisi intermedia a tre mesi dello studio di Fase IV a […]
Uno studio presentato al 68° Congresso dell’American College of Cardiology (ACC) a New Orleans ha dimostrato che, in pazienti con embolia polmonare acuta a basso rischio, la dimissione del paziente anticipata e il trattamento domiciliare con rivaroxaban è fattibile, efficace e sicuro.
I risultati dell’analisi intermedia a tre mesi dello studio di Fase IV a braccio singolo HoT-PE, condotto su 525 pazienti, mostrano eventi di tromboembolismo venoso (TEV) o embolia polmonare fatale (endpoint primario) solo in tre casi (0,6%) e assenza di esiti infausti con la terapia. Questi risultati hanno permesso di concludere anticipatamente lo studio.
L’embolia polmonare (EP) acuta è una delle principali fonti di mortalità al mondo per cause cardiovascolari e costituisce, pertanto, una seria minaccia per la salute generale. Tuttavia, almeno il 95% dei pazienti è stabile dal punto di vista emodinamico all’arrivo in ospedale e coloro che soddisfano particolari criteri possono essere dimessi prima. Individuare quei soggetti con rischio sufficientemente basso per poter anticipare le dimissioni e continuare la terapia anticoagulante a domicilio può minimizzare le complicanze associate alla degenza ospedaliera e ridurre i costi sociali ed economici.
«I risultati di questo studio confermano che, adottando specifici parametri clinici e funzionali sulla gravità della malattia, si possono individuare i pazienti a basso rischio di complicanze correlate a embolia polmonare – ha dichiarato Stavros V. Konstantinides del Centro Trombosi ed Emostasi dell’Ospedale Universitario Johannes Gutenberg di Magonza -. Questi parametri possono rassicurare i medici nel dimettere prima quei pazienti che risultano idonei e che poi continueranno la terapia con rivaroxaban a casa, limitando il rischio di sviluppare complicanze associate alla degenza e, nel contempo, razionalizzando l’impiego delle risorse sanitarie».
Lo Studio
HoT-PE è uno studio internazionale nell’embolia polmonare acuta, promosso dell’Ospedale Universitario di Magonza, e sostenuto con fondi pubblici. Il promotore ha ottenuto il farmaco per lo studio e un supporto da Bayer, che ha sviluppato rivaroxaban con il suo partner di sviluppo Janssen Research & Development, LLC. Lo scopo primario dello studio era di valutare efficacia e sicurezza di anticipare la dimissione dall’ospedale e di proseguire la terapia con rivaroxaban a casa.
Tra i criteri per individuare i pazienti idonei si segnalano: diagnosi di embolia polmonare confermata e con assenza di disfunzionalità o ingrossamento del ventricolo destro e di trombi mobili nel ventricolo o nell’atrio destri; assenza di indicazioni per instabilità emodinamica, seria co-morbilità; altra ragione che imponga la degenza in ospedale come ad esempio la mancanza di supporto familiare/sociale che garantisca la prosecuzione della terapia a domicilio.
La prima dose di rivaroxaban è stata somministrata in ospedale e i pazienti sono stati poi dimessi entro le 48 ore dal ricovero.
Risultati di efficacia
L’analisi intermedia ha mostrato che eventi di endpoint primario d’efficacia, ovvero recidiva di TEV sintomatica o mortalità correlata a embolia polmonare, hanno interessato solo 3 pazienti (0,6%), una percentuale sufficientemente bassa che ha permesso di interrompere anticipatamente lo studio, come da disegno statistico.
Risultati di sicurezza
Gli endpoint di sicurezza comprendevano emorragia maggiore (secondo i criteri della Società Internazionale di Trombosi ed Emostasi), emorragia clinicamente rilevante non-maggiore ed eventi avversi seri.
Dodici pazienti sono stati nuovamente ricoverati per recidiva di embolia polmonare o per emorragia. Si è verificata emorragia maggiore in 4 dei 519 pazienti. Si sono verificati 2 decessi, entrambi per tumore in stadio avanzato.