L’errore diagnostico può essere causa di responsabilità medica e portare a risarcire il paziente. Un caso recente
Una recente ordinanza della Sesta Sezione Civile della Cassazione, la n.16874/2022, mette in relazione causale l’errore diagnostico del medico con il decesso di una paziente, confermando così le condanne pronunciate dai giudici di primo e secondo grado. Ma vediamo nel dettaglio la questione affrontata dalla Suprema Corte.
Una paziente di una ginecologa in servizio presso una struttura ospedaliera, si era recata tempo addietro dalla professionista per una visita di controllo. Nonostante si potesse presumere – da recenti ecografie – la presenza di una patologia tumorale, la ginecologa avrebbe omesso, in tale occasione, di prescrivere ulteriori accertamenti al fine di acclarare definitivamente la cosa. Essendosi effettivamente poi manifestato un tumore al secondo stadio, la donna decise di convenire in giudizio, chiedendo la condanna del medico e della struttura ospedaliera, una volta appurato l’errore diagnostico da parte della ginecologa.
Venuta a mancare la danneggiata, gli eredi intesero proseguire le vie legali. Poiché l’Ospedale nel frattempo era stato posto in procedura concorsuale di amministrazione straordinaria, la causa venne portata avanti nei confronti della sola ginecologa. La professionista venne così condannata al pagamento di euro 65.874, oltre alla rivalutazione e agli interessi, più le spese legali. La condanna fu poi confermata in appello.
Il professionista sanitario decide quindi di ricorrere in Cassazione. Il motivo del ricorso si fonda sostanzialmente sulla mancata ripetizione della consulenza tecnica d’ufficio (c.t.u.). La ricorrente infatti, in sede d’appello, aveva richiesto il ripetersi della c.t.u., istanza però non accolta dai giudici. La motivazione addotta dalla ricorrente per il rinnovo della consulenza tecnica sarebbe stato dovuto, poiché – secondo la ginecologa – non c’era alcuna evidenza ecografica di un tumore in stato avanzato nella paziente. Ciò in contrasto con quanto invece sostenuto sia dalla danneggiata sia dalla c.t.u. svolta. Altra contestazione della ricorrente è rivolta invece all’accusa di aver eseguito un erroneo intervento sulla signora: per la precisione, in laparoscopia anziché in laparotomia.
La Corte giudica però la motivazione del ricorso inammissibile. A giudizio dei giudici di Cassazione, non pare esservi stato alcun appiattimento pregiudiziale dei togati d’appello sulle conclusioni della c.t.u. svoltasi. Anzi, a riprova della bontà delle conclusioni a cui la consulenza era giunta, i giudici riportano una considerazione della c.t.u. piuttosto persuasiva. La laparoscopia, eseguita dalla ginecologa a distanza di quattro mesi dalla visita di controllo, evidenziava un tumore già allo stadio IIIC, ossia ad un livello decisamente avanzato. Ciò fa evidentemente presupporre che al tempo della visita la massa tumorale dovesse essere già allo stadio II, «[p]er cui un tempestivo intervento diagnostico della ginecologa avrebbe potuto garantire alla paziente una vita più lunga e in condizioni migliori».
Ricorda inoltre la Corte che, per ovvii motivi, essa non può entrare nel merito del giudizio d’appello, e quindi neanche nella valutazione della bontà o meno delle valutazioni della c.t.u. Quindi, non evidenziandosi alcun vizio procedurale, il ricorso viene respinto.
L’errore, si sa, è umano. E’ sempre possibile commettere sbagli, anche pesanti, durante lo svolgimento del proprio lavoro. Per questo motivo risulta opportuno controbilanciare la possibilità dell’errore attraverso una congrua tutela assicurativa. Di polizze di responsabilità civile sanitaria sul mercato se ne trovano tante. E allora, perché non scegliere la copertura giusta tramite consulenti qualificati e professionali? Lo staff di SanitAssicura – da questo punto di vista – offre tutte le garanzie.
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