«Si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale dell’Epilessia e ancora una volta è utile ricordare quanto questa malattia sia accompagnata da pregiudizi, disinformazione e ignoranza», afferma la Dottoressa Clementina Boniver, Neurologa Pediatra, Epilettologa, presso Azienda Ospedaliera – Università degli Studi di Padova che interverrà al convegno organizzato dall’AICE Veneto – Update in Epilettologia […]
«Si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale dell’Epilessia e ancora una volta è utile ricordare quanto questa malattia sia accompagnata da pregiudizi, disinformazione e ignoranza», afferma la Dottoressa Clementina Boniver, Neurologa Pediatra, Epilettologa, presso Azienda Ospedaliera – Università degli Studi di Padova che interverrà al convegno organizzato dall’AICE Veneto – Update in Epilettologia – che si è tenuto a Padova sabato 11 Febbraio. «La parola d’ordine è sempre uscire fuori – afferma la Boniver –. A distanza di quasi 20 anni dal progetto congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Lega Internazionale contro l’Epilessia la strada da percorrere è ancora lunga. La diagnosi di epilessia continua ad avere un impatto emotivo nel paziente e nei suoi familiari spesso sproporzionato alla reale gravità del problema. I pazienti devono essere aiutati a conoscere e saper accettare la malattia. Una corretta informazione evita errate percezioni e vissuti distorti che comportano il rischio di atteggiamenti iperprotettivi, scarsa autostima e maggior vulnerabilità sociale. L’epilessia è un problema di grande rilevanza sociale – afferma Stefano Bellon presidente AICE Veneto – tanto che in Italia è riconosciuta come malattia sociale con DM n 249/65. Lo stigma derivante dall’improvviso e imprevedibile manifestarsi della crisi, l’ignoranza radicata nelle superstizioni e nelle norme discriminanti negano la piena cittadinanza alle persone affette da epilessia. Siamo in tanti in Italia ad avere questa malattia e con le nostre famiglie e amici saremo in grado di migliorare la qualità delle nostre vite».
PROGNOSI
Quando non c’è conoscenza c’è paura. «La gente comune deve sapere che l’epilessia è un disordine del cervello curabile e quindi compatibile con una vita normale nel 70% dei casi. L’epilessia non impedisce a questi pazienti di andare a scuola, svolgere attività sportiva, lavorare ed avere dei figli – aggiunge la Drssa Clementina Boniver – purtroppo rimane ancora una quota consistente di pazienti farmacoresistenti nonostante siano stati sperimentati e commercializzati negli ultimi anni nuovi farmaci antiepilettici e proposte strategie terapeutiche alternative. L’inizio delle crisi epilettiche riguarda più frequentemente la fascia di età 0 -18 e quindi può essere coinvolto tutto il periodo della formazione scolastica. Purtroppo ci sono realtà in cui le informazioni sulla malattia sono distorte e scarsa la comunicazione tra famiglie, specialisti e insegnanti», spiega la Neurologa pediatra.
INDAGINE TRA GLI INSEGNATI
«Da un’indagine DOXA su 600 insegnanti italiani del 2010 risulta che quasi tutti gli insegnanti conoscono l’epilessia ma 6 su 10 non saprebbero come intervenire di fronte a una crisi epilettica, il 58% metterebbe in atto comportamenti errati e il 70%, in presenza di una crisi epilettica, chiamerebbe subito il 118. Una survey più recente nel 2014 non riporta dati più confortanti – afferma la Boniver – E’ fondamentale fare un lavoro quotidiano e capillare di formazione e informazione».
COSA FARE IN PRESENZA DI UNA PERSONA CON ATTACCO EPILETTICO
«In presenza di una crisi non bisogna avere paura e aiutare la persona non comporta nulla di difficile. Se la crisi è di breve durata e comporta solo un’alterazione parziale della coscienza bisogna rassicurare la persona, comunicare con lei per capire se la crisi è terminata, accompagnarla con gentilezza per evitare ostacoli e luoghi pericolosi. Se durante la crisi la persona perde conoscenza, cade e presenta delle scosse bisogna proteggerla da lesioni mettendole qualcosa di morbido sotto la testa, allentargli i vestiti se troppo stretti, stenderla supina o su un fianco, comunicare e assicurarsi che abbia ripreso conoscenza. NON bisogna immobilizzarla, inserirle dita o fazzoletti in bocca, alzarla o darle da bere appena è terminata la crisi, praticare la respirazione artificiale d’emblèe, somministrare farmaci se la crisi è terminata. E se la crisi dura più di 4/5 minuti? E’ necessario l’intervento farmacologico», conclude l’esperta.