L’esposizione mass mediatica di questi ultimi tempi del caso della bambina di Ravenna i cui genitori chiedono al Giudice di poter provvedere al cambio di nome da maschile a femminile (riassegnazione anagrafica) e di autorizzare l’intervento chirurgico, una volta raggiunta la maggiore età, per conformare il corpo al genere a cui la bambina si sente […]
L’esposizione mass mediatica di questi ultimi tempi del caso della bambina di Ravenna i cui genitori chiedono al Giudice di poter provvedere al cambio di nome da maschile a femminile (riassegnazione anagrafica) e di autorizzare l’intervento chirurgico, una volta raggiunta la maggiore età, per conformare il corpo al genere a cui la bambina si sente di appartenere, offre l’occasione alla Presidenza del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi di esprimere la propria posizione su casi di questa natura.
Lo sviluppo dell’identità di genere non è sempre in accordo con il sesso assegnato alla nascita e definiamo persone transgender o gender non conforming persone che fanno parte della grande categoria sintetizzata nell’acronimo LGBT+ (Lesbica, Gay, Bisessuale, Transessuale – Transgender, etc.). Queste persone sono spesso vittime di stigma, pratiche discriminatorie e/o di esclusione sociale, con conseguenze che influiscono negativamente su benessere e salute e che sono oggetto d’attenzione della Proposta di Legge in discussione in questi giorni in Parlamento sulla omo – transfobia, che auspichiamo possa concludere positivamente il suo iter.
Si tratta di un tema che in Italia riguarda l’1,6% della popolazione secondo l’indagine ISTAT del 2011 che sottostimava il dato concreto non comprendendo tutte le identità e che si ritiene sia aumentato negli ultimi anni. Il recente “Focus sulle persone LGBT” di OCSE, rivela una situazione in Italia in cui il livello di accettazione dell’omosessualità è peggiore rispetto alla media dei Paesi OCSE e in cui si evidenzia uno svantaggio generalizzato e fortemente discriminatorio per le persone LGBT+.
Lo scenario testimonia la necessità di interventi strutturali di acculturazione approfondita dei professionisti e di divulgazione della intera società, non trascurando scuole e università, sul tema delle identità gender non conforming o gender variant. Ho ben presente la realtà italiana di una rete di Centri che si occupano da anni di casi di questa natura, di Associazioni molto attente e coinvolte nell’affermazione di diritti di cittadinanza sessuale, di Ordini degli Psicologi regionali, come quello della Campania e del Lazio, impegnati da anni in una puntuale divulgazione scientifica. Il CNOP intende collaborare con tutte le realtà che in Italia sono interessate ai temi legati all’identità sessuale e di genere e alla disforia di genere (la condizione psicologica più o meno intensa di disagio, di “non sentirsi bene nel proprio corpo”).
Quando si tratta di bambini e adolescenti che si identificano nell’altro genere ed esprimono il desiderio di avere il corpo conforme e desiderano essere considerati dagli altri come persone del genere diverso da quello assegnato alla nascita, cioè minori gender variant o con sviluppo atipico dell’identità di genere, come sembra la situazione descritta dai quotidiani riguardo la bambina di Ravenna gli aspetti psicologici e sociali assumono caratteristiche ancora più salienti e necessitano di un’attenzione maggiore. Entrano in campo i temi della maturazione psicologica tipica di una fase della vita in evoluzione e il controverso tema delle identificazioni e percezioni di se stessi, ovvero se in questa fase di vita tali identificazioni e percezioni possano avere caratteristiche stabili e definitive o se siano caratterizzate da una fisiologica dinamicità e possibile variabilità e cambiamento nel tempo, tanto da richiedere un’attenta riflessione sia sui temi e limiti dell’autodeterminazione, sia sul rispetto del principio di precauzione. Inoltre l’estensione della prescrivibilità del farmaco Triptorelina autorizzata da AIFA per gli adolescenti con disforia di genere in quanto efficace nell’inibire la pubertà, rende ancora più complesso l’intreccio di responsabilità diagnostiche, di prescrizione farmacologica e di rispetto dell’integrità psico-fisica della persona. Temi che abbiamo trattato in un recente Dossier italiano.
A fianco di una doverosa formazione professionale di approfondimento, e di una acculturazione della società sulle caratteristiche e sull’interpretazione non patologica delle condizioni delle persone LGBT+ e dei minori gender variant, si rende necessario attivare una diffusa disponibilità ad affiancare bambini/e, adolescenti, famiglie, pediatri, insegnanti e dirigenti scolastici nella difficile fase di vita, affinché i protagonisti non si trovino soli ad affrontare problemi così complessi e difficili. La proposta in discussione in Parlamento della figura dello psicologo territoriale incardinato nel SSN, oltre a monitorare i dati del fenomeno, potrebbe utilmente fungere da supporto e raccordo anche per questi casi e togliere le situazioni dall’ombra e dal vissuto forzatamente individuale.
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