L’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), le Comunità del mondo arabo in Italia (Co-mai) insieme al Movimento internazionale inter professionale “Uniti per Unire“, con tutte le proprie associazioni aderenti, rendono noti i risultati di un proprio studio fatto su un campione di circa 1000 famiglie, composte da coppie miste. La situazione è sempre […]
L’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), le Comunità del mondo arabo in Italia (Co-mai) insieme al Movimento internazionale inter professionale “Uniti per Unire“, con tutte le proprie associazioni aderenti, rendono noti i risultati di un proprio studio fatto su un campione di circa 1000 famiglie, composte da coppie miste. La situazione è sempre in continua evoluzione e cambiamento, soprattutto per quanto riguarda i matrimoni ed i divorzi.
Secondo le statistiche, le coppie che reggono di più e non arrivano con percentuali alte alla separazione sono quelle formate tra italiani ed arabi (palestinesi, giordani, siriani, libanesi, egiziani, tunisine, algerini, marocchini) iraniani ed africani (provenienti da Congo, Camerun, Nigeria) .
Nella maggior parte dei casi ne fanno parte studenti stranieri arrivati in Italia negli anni ’60, ’70 ed ’80 , sino al periodo della caduta del muro di Berlino. Si tratta di persone che si sono laureate in Italia, dove sono poi rimasti, che hanno conosciuto l’integrazione all’età dei 18 o 19 anni. Le categorie di coppie miste possono essere suddivise in tre categorie: italiani-noncomunitari, italiani-europei e cittadini di origine straniera tra di loro.
Quelle che registrano il numero più basso di divorzi sono quelle tra italiani ed arabi o africani giunti in Italia per scopi di studio. Meno stabili, invece, le coppie composte tra italiani e provenienti da paesi europei, la cui maggior parte è giunta da Russia, Romania, Albania e Moldavia. Tutte persone con età media tra i 35 ed i 40 anni, arrivate dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, i quali hanno avuto maggiori difficoltà economica e lavorativa. Molto basso risulta invece essere il numero delle unioni tra italiani, cinesi e sud-americani e filippini nei quali, comunque, il numero dei divorzi è abbastanza contenuto.
Nella seconda categoria si trovano italiani coniugati con un alto numero di inglesi, tedeschi e francesi, olandesi, belgi. Nei casi in cui l’uomo è italiano, esso tende a seguire la donna nel suo paese di origine. In questo tipo di coppie i maggiori dissidi si verificano nei confronti dell’educazione dei figli, per le abitudini culturali e nella scelta della scuola da frequentare e le lingue da studiare. Nella terza categoria vi sono un’alta percentuale di arabi, sposati tra loro, cosi come sud-americani, filippini, cinesi e rumeni, albanesi, russi, moldavi e indiani.
Molte anche le coppie composte tra arabi e sud-americani. In tutte e tre le categorie le problematiche comune che si verificano sono inerenti all’ambito inter-religioso, all’educazione dei figli, alla appartenenza religiosa, alla pratica della circoncisione ed al modo di vestire. Tutte scelte in cui capita, in maniera errata, di non coinvolgere il proprio partner o di ascoltare di più i propri genitori e famigliari.
Nella seconda generazione di immigrati, il 90% ama l’Italia, le sue usanze e le sue tradizioni e si sente al 100%italiano. Solo il 10% soffre di crisi di identità, le quali dipendono da episodi di discriminazione, da pregiudizi culturali e religiosi e dissidi con i genitori, in particolare con il padre per il modo di vestirsi, per la scelta dei fidanzati o per i matrimoni combinati. Foad Aodi – medico, fondatore dell’ Amsi e delle Co-mai e Consigliere dell’OMCEO di Roma – afferma che: «La nostra proposta è quella di continuare a lavorare sui “due binari” quali l’integrazione e la consapevolezza del sentirsi italiani continuando ad avere legami con i paesi di origine, per sconfiggere cosi le crisi di identità culturale. Nella seconda generazione bisogna promuovere ed intensificare i rapporti con i propri famigliari sia in Italia quanto nei paesi di origine per prevenirne la crisi di identità. E dobbiamo difendere i diritti delle donne che sono in alcuni casi vittime di mariti autoritari, difendendo sempre i loro figli e in particolare le figlie».