di Maurizio Martinelli, Segretario UNPISI Regione Lazio
La Federazione TSRM-PSTRP su invito diretto di UNPISI ha scritto al Presidente del Consiglio segnalando l’incomprensibile dimenticanza da parte dell’Esecutivo di non inserire all’interno dell’art. 9 del DPCM 26 aprile 2020, nelle attività connesse all’esecuzione e monitoraggio delle misure attuate dalle imprese e relative alla fase 2 dell’emergenza Covid-19, i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL regionali.
La lettera a firma del Dr. Alessandro Beux, conferma quanto già sollecitato dalle Organizzazioni Sindacali Fp CGIL, CISL Fp, UIL Pa e UIL Fpl che hanno recentemente chiesto “che la parte riguardante i controlli da effettuare, prevista dall’art. 9, presenti gravi lacune e imprecisioni che è urgente chiarire: anzitutto, non comprendiamo la totale assenza di riferimenti al servizio di prevenzione igiene e sicurezza luoghi di lavoro, normalmente effettuato dai relativi Dipartimenti di Prevenzione delle ASL. Si tratta, ricordiamolo, di personale qualificato che, in base a titoli normativamente riconosciuti, vigila sulla sicurezza e igiene dei luoghi di lavoro dal 1978 ad oggi”.
Beux infatti precisa che “all’interno di queste strutture sono presenti i servizi di Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro e servizi di antinfortunistica, nei quali l’ossatura della vigilanza e del controllo è rappresentata dai Tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, professione sanitaria normata dal DM 58/97 (omissis) e prosegue evidenziandone il profilo professionale specificando che tali operatori sanitari “rispondono alle richieste delle Procure per gli atti urgenti in quanto rivestono la qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria. Gli stessi soggetti, inoltre, agiscono nei Servizi delle ASL per la corretta applicazione proprio delle procedure e dei protocolli operativi riportati in calce al DPCM in oggetto”.
L’orientamento del Presidente della FNO sui temi della sanità sono noti ai lettori di questa testata che ha più volte segnalato l’esigenza di una nuova ed organica programmazione sanitaria con un piano di assunzioni correlato alle esigenze ed alle potenzialità del territorio. Ora, confermando che questa emergenza è sanitaria, ribadisce con questa lettera la centralità dei Professionisti del territorio, formulando espressamente all’Esecutivo la richiesta di “conoscere i motivi per i quali nell’art. 9 del DPCM 26 aprile 2020 non si sia fatto riferimento alla collaborazione coi Dipartimenti di prevenzione delle Aziende sanitarie locali, così come, invece, è stato previsto nella circolare del Ministero degli Interni del 14 aprile 2020 a seguito del DPCM del 10 aprile 2020”
Tali “dimenticanza” giunge agli operatori sanitari come una disconferma del lavoro istituzionale svolto finora sia dai Tecnici della Prevenzione liberi professionisti (quotidianamente impegnati nelle attività di consulenza e supporto alle imprese), sia del personale pubblico, i quali, pur in sofferenza di risorse umane e strumentali, hanno dimostrato resilienza e continuano a dare supporto all’utenza afferente ai 101 Dipartimenti di Prevenzione delle ASL italiane nel monitoraggio della Fase 2.
Tale omissione appare inoltre ancor più grave, nonostante giungano richiami a piani di assunzioni di personale da più fonti, anche da istituzioni autorevoli come l’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) le cui stime per fronteggiare e gestire questa emergenza, prevedono un fabbisogno di organico pari ad 1 operatore ogni 10mila abitanti dedicato al monitoraggio e corretta applicazione delle misure preventive, di gran lunga inferiore all’attuale disponibilità dei Servizi territoriali.
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