di Avv. Marco Croce – Consulcesi & Partners
Verrebbe voglia di osservare che l’avevamo detto, ma l’orgoglio è disdicevole. È invece certamente lecito compiacersi per il fatto di avere trovato la più autorevole conferma di una tesi sostenuta dalla Consulcesi e dai suoi partner da tempo, sulla scorta di più argomentazioni rilevanti, precise e concordanti.
La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’Ordinanza n. 13613 pubblicata il 2.7.2020, ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 7.2.2013 con la quale era stata accolta la domanda proposta contro una ASL di Roma da un Dirigente Medico con incarico di direzione di struttura complessa onde ottenere la somma di circa 8.000,00 euro a titolo di indennità sostitutiva inerente a 26 giorni di ferie non goduti sino alla cessazione del servizio per raggiunti limiti di età.
Dunque, la Suprema Corte, dopo una serie di statuizioni di carattere preliminare e processuale, nel corpo della sua pronuncia passa ad evidenziare che, a partire dalla sentenza n. 6335 del 19.3.2014, con un orientamento consolidato assurto al rango di “diritto vivente”, le norme del contratto collettivo nazionale sono equiparate alle “norme di diritto”.
Successivamente, la Cassazione procede a trattare della piena validità ed efficacia dell’articolo 21, comma 8, del Contratto Collettivo Nazionale per l’area della Dirigenza Medica del 5 dicembre 1996, applicabile al caso di specie, ove si stabilisce inequivocabilmente che le ferie sono un diritto irrinunciabile.
Inoltre, la Corte rileva come, nella specifica controversia giunta in decisione, il ricorrente Medico Dirigente abbia dimostrato che nella struttura della quale rivestiva le funzioni apicali vi erano notevoli carenze di organico, con ineludibili esigenze di servizio manifestamente impeditive della fruizione delle ferie da parte del ricorrente medesimo.
Il Supremo Consesso addiviene, poi, ad enunciare il principio secondo cui il diritto alle ferie è intangibilmente garantito sia dall’articolo 36 della Costituzione, sia dall’articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE.
Ancora, la Cassazione richiama espressamente le pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (più volte invocate, invero, in alcuni procedimenti in corso a tutela di Medici ricorrenti patrocinati da chi scrive) emesse nei procedimenti C-350/06 e C-520/06, nonché la recente sentenza della Grande Sezione della stessa Corte del 6.11.2018, resa nella causa C-619/16. Con tali pronunce la Corte europea ha statuito che il succitato articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE va interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale implicante la non indennizzabilità delle ferie di cui il lavoratore non abbia potuto usufruire per causa al medesimo non imputabile prima della data della cessazione del rapporto. In buona sostanza, secondo la Suprema Corte di Cassazione, non può mai venir meno il diritto del lavoratore a godere delle ferie annuali retribuite e l’interessato non le perde affatto automaticamente.
Il datore di lavoro si può sottrarre all’obbligo di indennizzare il lavoratore che non abbia usufruito delle ferie annuali soltanto se prova di avere effettivamente messo il lavoratore stesso in condizione di esercitare il proprio diritto alle ferie.
Di tal che la Cassazione, in esito al richiamo espresso e totalmente adesivo di tale giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, perviene alla conclusione per la quale il datore di lavoro è tenuto ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia stato posto effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali retribuite. In mancanza, spetta al prestatore di lavoro un’indennità per le ferie annuali non godute sino alla fine del rapporto di lavoro e ciò anche sulla base della diretta applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della Direttiva 2003/88/CE. Tale diritto non può trovare ostacoli nell’ordinamento interno italiano, essendo le norme della direttiva europea summenzionata caratterizzate da incondizionalità e da immediata applicabilità.
Da ciò la condanna della ASL a pagare al Medico ricorrente, oltre alle spese dei vari gradi del contenzioso, l’indennità sostitutiva delle ferie non godute nella misura sopra precisata.
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