Dopo l’approvazione del profilo professionale degli osteopati, la seconda tappa dell’iter per l’istituzione della professione osteopatica riguarda la definizione del programma di formazione universitaria e delle equipollenze
Una laurea triennale in osteopatia come professione sanitaria con una forte focalizzazione sulle materie caratterizzanti osteopatiche. Questa il possibile scenario del percorso di studi dei futuri osteopati italiani delineata dalla ricerca del CeRGAS – SDA Bocconi “La formazione universitaria in osteopatia: quali riferimenti per il percorso italiano?”, realizzata con il contributo incondizionato del ROI– Registro degli Osteopati d’Italia presentata oggi nel corso di una diretta streaming alla quale, insieme al Presidente del ROI Paola Sciomachen, hanno preso parte i ricercatori del CeRGAS Alberto Ricci e Marco Sartirana e i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni professionali.
Dopo l’approvazione del profilo professionale degli osteopati, siglato a novembre 2020 dalla Conferenza Stato-Regioni, la seconda tappa dell’iter per l’istituzione della professione osteopatica riguarda la definizione del programma di formazione universitaria e delle equipollenze secondo quanto previsto dalla legge 3/2018.
La ricerca di CeRGAS – SDA Bocconi ha analizzato la formazione osteopatica attualmente offerta in Italia e che dovrà diventare una laurea triennale sanitaria. Il nuovo percorso formativo partirà da un impianto comune a tutte le professioni sanitarie che comprende una serie di materie di base obbligatorie. A queste dovrebbero essere aggiunte le scienze caratterizzanti e il tirocinio clinico, per un monte ore che attualmente è articolato su 4/5 anni. Il confronto con percorsi analoghi di livello universitario presenti nel Regno Unito e corsi di laurea italiani in fisioterapia, presa come riferimento in quanto professione già sanitaria con caratteristiche affini all’osteopatia, ha evidenziato alcune questioni aperte temi che andranno affrontate nell’ organizzare il corso di laurea in osteopatia.
Il lavoro elaborato dal CeRGAS – SDA Bocconi mette in evidenza come l’attuale formazione delle scuole di osteopatia riservi il 40% dei crediti formativi alle scienze caratterizzanti quali Principi e Filosofia Osteopatica, Anatomia topografica, Osteopatia sul sistema muscolo scheletrico applicata nelle diverse aree in relazione con i tessuti e gli apparati del corpo. L’insegnamento di queste materie viene approfondito attraverso attività di tirocinio pratico, che secondo la ricerca ricopre il 14% dell’offerta formativa.
I restanti crediti formativi sono ripartiti per il 12 – 18% allo studio delle scienze cliniche (Clinica medica specialistica, fondamenti di otorinolaringoiatria, oculistica, pediatria, ginecologia, neuropsichiatria infantile, Farmacologia, Radiologia, Bioterapia nutrizionale) e alle scienze biomediche di base per il 10 e il 15% (Istologia e embriologia, Anatomia generale e del sistema nervoso, Fisiologia e Clinica medica generale). Completano il percorso di studi le materie scientifiche e formative di base (Fisica, Chimica e biochimica, Biologia e genetica, Microbiologia, Statistica medica, Pronto Soccorso) che rappresentano tra il 5 e 7% del piano di formazione. Questa parte di formazione potrebbe essere offerta soprattutto nel primo anno di corso, in maniera sinergica e congiunta con i percorsi di studio di altre professioni sanitarie, per favorire la conoscenza reciproca e la futura collaborazione secondo logiche multidisciplinari.
«La definizione del percorso formativo e delle relative equipollenze è di importanza cruciale per il completo riconoscimento della nostra professione – ha dichiarato Paola Sciomachen, Presidente del ROI -. Il nostro obiettivo è di continuare a garantire il massimo supporto alle istituzioni anche in questa fase delicata. La ricerca che abbiamo commissionato al CeRGAS – SDA Bocconi va in questa direzione ed è un punto di partenza per approfondire alcune questioni fondamentali per la valorizzazione delle specificità della professione».
«La strutturazione in un piano di studi triennale è dettata dalla necessità di adeguarsi a quanto già previsto in Italia per le altre professioni sanitarie – ha commentato Paola Sciomachen. Lo studio evidenzia infatti che a livello internazionale e nazionale oggi la formazione osteopatica è articolata su 4-5 anni. Per questo prevediamo la necessità di percorsi di approfondimento dopo la laurea triennale su temi importanti quali per esempio la neonatologia, la pediatria, la ginecologia e l’ostetricia, l’otorinolaringoiatria, e la geriatria».
L’indagine è stata presentata questa mattina nel corso di un evento online. All’evento hanno preso parte Vanda Lanzafame, Dirigente del MIUR, Alessandro Beux, Presidente dell’Ordine FNO-TSRM-PSTRP, la Senatrice Paola Binetti, Donatella Valente, Professore Associato di Scienze Riabilitative Neuropsichiatriche dell’Università Sapienza di Roma, e Fabrizio Consorti, Docente di Chirurgia Generale dell’Università Sapienza di Roma e membro della giunta Società Italiana di Pedagogia Medica – Sipem, oltre ai rappresentanti delle associazioni di categoria dell’osteopatia. L’incontro è stato moderato dal giornalista di Quotidiano Sanità Luciano Fassari.