Il sindacato medici italiani (Smi): «La proposta di un accordo integrativo regionale del Lazio per la medicina generale danneggia il lavoro dei medici!»
«Assistiamo ancora una volta ad una grande boutade elettorale a cui purtroppo alcuni prestano il fianco a danno del lavoro dei medici» si legge in una nota della Segreteria Regionale SMI Lazio «sulla proposta per un accordo integrativo regionale per la Medicina Generale presentato dalla FIMMG alla presenza dell’Assessore D’Amato».
«Qualcuno dovrebbe spiegare – prosegue la nota – come fanno a parlare di accordo integrativo regionale quando la Regione Lazio, sorda alle nostre richieste e con chiaro atteggiamento antisindacale, non convoca da mesi i sindacati di categoria per l’atto programmatorio da presentare in Agenas e propedeutico a qualsiasi tipo di accordo. Per non parlare delle ripetute inadempienze in merito ai pagamenti su prestazioni rese dai medici di medicina generale come i pagamenti delle vaccinazioni antinfluenzali, le ripetute irregolarità amministrative con recuperi stipendiali che danneggiano i medici del Lazio, dell’impossibilità a reperire sostituti per l’assistenza primaria e per la continuità assistenziale, o della necessità di norme di sicurezza più stringenti per le postazioni di continuità assistenziale».
«Siamo stati costretti a portare la Regione Lazio in tribunale per il mancato pagamento delle Unità di Cure Primarie (UCP) – continua – e ora si ventila di far partire le Case di Comunità senza le adeguate copertura finanziarie e sulla pelle dei medici, già oberati di incombenze burocratiche improprie. Quegli stessi medici che l’assessore alla salute del Lazio ha etichettato, lo ricordiamo, come “disertori”».
«Per queste ragioni, respingiamo in toto la proposta circolata in questi giorni, ritenendola inconsistente. Diciamo basta a queste proposte fumose per i cittadini, provati da diritti negati e dalle lungaggini delle liste d’attesa, con le prestazioni urgenti che devono pagare di tasca propria e dal fallimento dalla presa in carico e della domiciliarità».
«La sanità che vogliamo nel Lazio e in tutto il Paese, deve investire sui professionisti medici con progetti di qualità. I medici di famiglia non sono né soltanto vaccinatori, né amministrativi, né tantomeno utilizzabili per compiti infermieristici quali prelievi e consegna provette, Vogliamo tornare a fare diagnosi cura e prevenzione e svincolarci da oneri burocratici impropri».
«Le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) devono essere il luogo dove la medicina generale risolve le criticità della presa in cura, della domiciliarità dei pazienti fragili, dei pdta che ancora non decollano, della presa in carico dei cronici».
«Sono necessari, invece – si legge ancora – ampliamenti di orari per i medici a quota oraria da mettere a disposizione delle esigenze del territorio (per i quali abbiamo già gli strumenti contrattuali idonei) quali vaccinazioni, prevenzione, continuità delle cure, domiciliarità e tutti servizi istituzionali che soffrono per il personale insufficiente; dobbiamo consentire completamenti di orari per i medici con minor numero di scelte, consentendo attività oraria e impegno anche delle competenze specialistiche».
«Dobbiamo e possiamo inserire a tempo indeterminato i tanti colleghi precari della medicina dei servizi che potranno entrare a pieno diritto nell’ organico regionale a parità di costo. Dovremmo sostenere la medicina di famiglia con la piena funzionalità delle AFT e una piena integrazione con le altre professionalità del territorio e con procedure omogenee (non mille modalità diverse da asl ad asl e da distretto a distretto) per la presa in carico della domiciliarità».
«Di questi contenuti – conclude lo Smi – non vi è traccia nella proposta circolata sui media e che riteniamo solo strumentale alla politica elettorale di questa regione. Non presteremo il fianco a tali operazioni e invitiamo l’assessore D’Amato a lavorare concretamente sui tavoli istituzionali corretti e su tematiche concrete».
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