Una dura nota firmata dal Coordinatore Nazionale FIMMG Settore Medicina Penitenziaria, Franco Alberti, e dal Responsabile Nazionale SNAMI Settore Medicina Penitenziaria, Pasquale Del Greco, porta alla ribalta il tema della medicina penitenziaria. Una categoria di medici che da anni chiede un apposito accordo collettivo nazionale che riconosca anche i disagi che comporta questo lavoro, spesso […]
Una dura nota firmata dal Coordinatore Nazionale FIMMG Settore Medicina Penitenziaria, Franco Alberti, e dal Responsabile Nazionale SNAMI Settore Medicina Penitenziaria, Pasquale Del Greco, porta alla ribalta il tema della medicina penitenziaria. Una categoria di medici che da anni chiede un apposito accordo collettivo nazionale che riconosca anche i disagi che comporta questo lavoro, spesso sottopagato e a rischio aggressioni. Ecco la nota:
«A distanza di 12 anni dal passaggio dall’amministrazione penitenziaria al SSN, i medici che lavorano in carcere stanno ancora aspettando un contratto di lavoro. Esiste una situazione a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale, dove molte regioni sfruttando l’assenza di una normativa nazionale e del ruolo specifico di medico penitenziario applicano le regole più disparate costringendoli a un lavoro sottopagato, in un ambiente a rischio (ormai non si contano più le aggressioni e le minacce ) e senza alcuna formazione specifica in merito, ( il DPCM del 2008 recita che va rispettato l’ordinamento penitenziario anche per l’assistenza sanitaria ), utilizzando impropriamente medici destinati ad altri servizi (formati per medicina di continuità assistenziale, 118, medicina dei servizi, ect), chiedendo loro di svolgere funzioni e compiti non previsti negli ACN, confidando sulla loro necessità di lavorare e che per difficoltà oggettive non hanno altre alternative (posti in specializzazione e borse di studio per MMG insufficienti negando anche la possibilità di frequentare il corso senza borsa di studio)».
«Era stato avviato un tavolo con la SISAC nel 2017 e 2018 dal quale è emersa la totale e assoluta non conoscenza del ruolo del medico di medicina penitenziaria che nonostante le proposte avanzate dalle sigle sindacali non ha dato alcun risultato e bloccato dal Maggio 2018. Da allora nessun segnale in merito (nonostante vari solleciti delle sigle sindacali in oggetto). I medici penitenziari hanno denunciato più volte una carenza di medici e una fuga appena possibile dal carcere, la situazione è destinata a peggiorare nel futuro in quanto in questo clima di precarietà e di incertezza, correlata alla carenza di medici in generale, già denunciata, rischia di non avere più medici disponibili a lavorare in carcere senza nessuna garanzia di un trattamento dignitoso con ripercussioni sulla salute delle persone ristrette e proteste da parte della stessa popolazione detenuta. Le sigle sindacali, visto che i percorsi finora seguiti non hanno dato nessun esito, fanno presente che qualora in tempi brevi non giungano risposte alla richiesta più volte avanzata di un ACN che salvaguardi la dignità e che tuteli chi tutti giorni, con mille difficoltà, opera in un ambiente ostile, studieranno azioni di protesta idonee fino a giungere alla sospensione del servizio.