Siamo un gruppo di medici USCA operanti in tutte le parti d’Italia, ed abbiamo accolto con delusione la notizia, trapelata da fonti interne al Governo, che il ministro Speranza sia intenzionato a chiudere definitivamente il progetto USCA per fine dicembre. Una scelta che non solo lascerebbe scoperto un servizio essenziale durante una pandemia dall’andamento imprevedibile, […]
Siamo un gruppo di medici USCA operanti in tutte le parti d’Italia, ed abbiamo accolto con delusione la notizia, trapelata da fonti interne al Governo, che il ministro Speranza sia intenzionato a chiudere definitivamente il progetto USCA per fine dicembre. Una scelta che non solo lascerebbe scoperto un servizio essenziale durante una pandemia dall’andamento imprevedibile, ma che sprecherebbe l’occasione di trasformare il progetto USCA in un innovativo esperimento di supporto alla medicina territoriale.
In questo periodo l’Europa ci chiede a gran voce di investire nella sanità del territorio, e lo fa mettendoci a disposizione 4 miliardi di euro per rinnovare l’assistenza domiciliare. Con queste premesse, un progetto che ha impiegato (e formato) migliaia di medici nell’assistere malati Covid a casa utilizzando ecografi, ega ed altri strumenti diagnostici, in qualsiasi altro Paese verrebbe confermato e potenziato. Come mai invece qui si parla di smantellarlo?
Istituite con il decreto legge n. 14 del 9 marzo 2020 le Unità Speciali di Continuità Assistenziale sono state un presidio fondamentale durante tutta l’emergenza. Tutti gli studi infatti hanno dimostrato che sono state utilissime a decongestionare i pronto soccorso e a ridurre i ricoveri. Le aree maggiormente coperte da servizi Usca sono quelle infatti dove troviamo tassi di ospedalizzazione minori. Successivamente poi i medici USCA sono stati impiegati anche nelle attività di contact tracing, e nell’avvio della campagna vaccinale. Ancora oggi la maggior parte degli hub va avanti grazie al supporto determinante dei vaccinatori USCA .
Allora perché questa fretta di chiudere il servizio? La pandemia purtroppo non è ancora lasciata alle spalle. La Russia batte ogni giorno record di decessi, Israele si prepara alla quinta ondata, l’Inghilterra tocca i 50mila contagi giornalieri. La variante Delta rende difficile fare previsioni in vista dell’inverno. Lasciare in attività le squadre USCA è una forma di tutela per la salute di tutti i cittadini. Auspichiamo inoltre, come anticipato in precedenza, che il progetto USCA veda ampliato il suo raggio d’azione. Non solo Covid, non solo vaccini, ma un servizio di visite domiciliari a supporto di tutta la rete di medici del territorio.
Questa pandemia ci ha insegnato che la casa può essere il primo luogo di presa in carico dei pazienti, ed anche il più economico. Basti pensare che il costo di un ricovero si aggira sui 15.000 euro l’anno, quando per trattare lo stesso paziente cronico presso il suo domicilio ne basterebbe un decimo. Avere squadre di medici USCA pronti durante il giorno ad effettuare visite domiciliari significherebbe ridurre sensibilmente gli accessi in pronto soccorso (ogni anno, su 21 milioni di accessi, 16 sono codici bianchi o verdi). Le USCA potrebbero anche fornire un servizio sanitario di prossimità per tutti quei cittadini sprovvisti di medico curante. Già oggi 1,5 milioni di italiani sono rimasti senza medico di famiglia, e questo numero, tra pensionamenti e “crisi vocazionale” della medicina generale, potrebbe salire a 15 milioni.
Alla luce di tutto questo, la nostra richiesta è di non dimenticarci della lezione che ci ha dato questa emergenza, continuando quindi a garantire un servizio che fa della vicinanza ai cittadini il suo principale punto di forza.
I medici USCA
Cesare De Virgilio Suglia
Alberto Fasci
Davide Addis
Marina Cicione
Giuseppe Ciminelli
Claudio Corazzi
Giorgia Deiana
Agostino Devastato
Riccardo Mascaretti
Miranda Mitica
Matteo Pardossi
Alessia Pili
Antonella Procopio
Valeria Zurlo