Tra il 20 ed il 40% dei pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto sviluppano un quadro di malattia renale. In questo contesto l’AICN può rappresentare una risorsa e una opportunità per molti nefrologi
Dagli albori della nefrologia italiana, una particolare attenzione alle relazioni fra cuore e rene è sempre risultata evidente. Negli ultimi anni la ‘chiacchierata’ tra questi due organi, in cui uno influenza l’altro ‘in salute e malattia’ ha avuto una crescita esponenziale in quantità e qualità con il risultato di portare nel 2008 alla nuova definizione e classificazione della sindrome cardiorenale da parte di JACC. Una nosografia moderna adottata da diversi gruppi di consenso come ADQI, la Società Europea di Cardiologia ESC (Pubblicazione dei risultati della consensus conference di Venezia) e la Cardiorenal Society of America.
Oggi l’Italia si adegua al trend di conoscenze dando vita alla Associazione Italiana di CardioNefrologia (AICN) associazione tecnico scientifica senza fini di lucro, sulla scorta di quanto già è avvenuto in altri paesi del mondo (Cardio-renal Society of America). AICN non ha fini di contrapposizione con altre autorevoli società scientifiche ma vuole integrare e superare alcuni limiti strutturali delle società scientifiche imposti dalla legge Gelli che ha imposto che queste possano annoverare tra i propri soci solamente gli specialisti di riferimento.
Dare numeri precisi in merito all’incidenza ed alla prevalenza della Sindrome cardiorenale non è esercizio semplice data l’estrema eterogeneità dei dati presenti nelle diverse casistiche. Alcuni numeri sono, al contempo, abbastanza certi e documentati: ad esempio, tra il 20 ed il 40% dei pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto sviluppano un quadro di malattia renale che, in fase iniziale, si configura come forma acuta (AKI, acute kidney disease) per poi evolvere verso un quadro cronico. Allo stesso tempo, un altro dato certo è l’interessamento cardiovascolare in almeno il 50% dei pazienti affetti da malattia renale cronica (CKD), patologia nella quale vi è la maggiore incidenza di comorbidità cardiovascolare.
In questo contesto l’AICN può rappresentare una risorsa e una opportunità per molti nefrologi che, senza sottovalutare l’importante contributo che la Società Italiana di Nefrologia offre alle loro carriere e al loro sviluppo scientifico, vogliano impegnarsi oltre le barriere della disciplina in collaborazioni e studi di interesse multidisciplinare. «L’Associazione Italiana di Cardionefrologia che prende spunto da quanto seminato dal Gruppo di Studio di Cardionefrologia della Società Italiana di Nefrologia; proprio per questo, non cambiano gli obiettivi, né lo spirito fondante di un gruppo di lavoro che, via via, si è fatto sempre più numeroso» racconta il Dottor Luca di Lullo, Segretario della neonata associazione.
Il grande successo delle attività cardionefrologiche che culminano, ogni due anni, nel Meeting Internazionale di “CardioNephrology”, ha spinto ad allargare i confini del progetto, aprendo ad un abbraccio che coinvolga tutte le Specialità chiamate a curare il paziente cardiorenale (Diabetologia, Medicina Interna, Geriatria, Chirurgia Vascolare solo per citarne alcune). «Siamo sempre più convinti che le scatole chiuse ed isolate non aggiungano molto al panorama dell’informazione medico – scientifica. Lo stesso Gruppo di Studio di Cardionefrologia della Società Italiana di Nefrologia, fondato da Luca Di Lullo, Antonio Bellasi, Mario Timio, Rodolfo Rivera, Emiliana Ferramosca ed Antonio De Pascalis nel lontano 2012, si propose, sin dalla sua costituzione, di creare un ponte tra la nefrologia ed altre branche specialistiche in virtù di un legame fisiopatologico e clinico sempre più evidente» conclude Di Lullo.
«Lungi da essere una entità in contrapposizione con già esistenti la associazione ha lo scopo di raccogliere i cultori dell’approccio multidisciplinare al paziente cardio-renale, cercando di abbattere barriere preconcette di formazione o di organizzazione ospedaliera», spiega il Presidente, Professor Claudio Ronco, direttore della Nefrologia del S. Bortolo di Vicenza che aggiunge: «Nefrologia e Cardiologia sono discipline complesse che trovano dignità nelle interazioni reciproche. Il nefrologo può rappresentare una figura di riferimento nel caso di pazienti cardiologici in cui l’interazione fra cuore e rene è il fulcro di alterazioni fisiopatologiche degne di studio e ricerca. Le competenze del singolo specialista talora non sono sufficienti a trattare pazienti complessi e, nonostante la formazione in passato sia stata improntata a criteri “d’organo” emerge oggi sempre più evidente la necessità di una medicina condivisa e multidisciplinare».
Il ‘cross talking organs’ è quello che ormai viene definito la “chiacchierata” fra cuore e rene: una relazione virtuosa in condizioni fisiologiche ottimali che diventa pericolosa quando uno dei due organi inizia a funzionare male. Interazioni che rappresentano le basi fisiopatologiche per la Sindrome Cardio-renale (CRS), per non parlare del fatto che alcune terapie possano essere efficaci nel trattare allo stesso tempo il problema cardiaco e quello renale.
Non dimentichiamo inoltre le strettissime connessioni esistenti con il mondo della diabetologia anche e soprattutto alla luce degli ultimi trials clinici condotti sui nuovi farmaci ipoglicemizzanti orali che hanno evidenziato proprietà nefro e cardioprotettive forse nemmeno lontanamente attese. «Risulta pertanto evidente la necessità di uno sforzo di aggregazione delle discipline e delle società scientifiche nonché una opportuna comunione di intenti sul versante della formazione e della ricerca», conclude Ronco.