Gli over 70 risultano essere partecipi nella vita sociale e familiare e nel 61% dei casi si ritengono personalmente utili, ma affrontando tale tematica in termini più generali emerge pessimismo riguardo al loro ruolo sociale. Infatti, il 46% pensa che la società tenda ad emarginare le persone più avanti con gli anni e solo 1 […]
Gli over 70 risultano essere partecipi nella vita sociale e familiare e nel 61% dei casi si ritengono personalmente utili, ma affrontando tale tematica in termini più generali emerge pessimismo riguardo al loro ruolo sociale. Infatti, il 46% pensa che la società tenda ad emarginare le persone più avanti con gli anni e solo 1 su 5 è convinto che siano adeguatamente compresi e assistiti, percezione che si fa particolarmente critica fra chi ha delle condizioni di salute e di vita più compromesse e vive in prima persona tali difficoltà. Per la parte di intervistati più anziana e meno autosufficiente la percezione di sé e del proprio futuro è in generale più negativa. Inoltre, 1 over 70 su 5 non sa cosa siano le Dat (Disposizioni anticipate di trattamento) e chi le conosce pensa che il proprio testamento biologico debba essere affidato a familiari (67%) e al medico di famiglia (30%). È questo quanto emerge da una recente indagine condotta da Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere della quale si è discusso oggi a Roma nel corso del convegno “Invecchiamento attivo e autodeterminazione per il fine vita: strategie di tutela dell’anziano”.
In Italia sono oltre 13 milioni gli over 65 e, secondo dati Istat, il 77,2% ha almeno una malattia cronica e solo il 36,6% è in buona salute. Considerando che entro il 2050 il numero di anziani dovrebbe raddoppiare, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è sempre più importante per far fronte a questa emergenza sanitaria e sociale promuovere un “invecchiamento attivo” che tenga conto non solo della salute ma anche della partecipazione sociale e della sicurezza dell’anziano. «Quello che gli anziani temono di più è l’impossibilità di vivere la vita degnamente insieme alle difficoltà che l’invecchiamento comporta e alla disabilità ad esso associate”, spiega Francesca Merzagora, Presidente Onda. «È importante preservare dunque oltre la salute anche la rete sociale che è uno straordinario strumento di protezione e garantire la possibilità di scelta e autodeterminazione rispetto alle ultime fasi della vita».
«Onda è impegnata da tempo nel diffondere la cultura di un invecchiamento positivo e attivo – continua Merzagora – e il fulcro è il progetto Bollini RosaArgento lanciato nel 2016, volto ad attribuire un riconoscimento alle Residenze Sanitario-Assistenziali (RSA) in possesso dei requisiti necessari per garantire non solo una gestione efficace e sicura dell’ospite, ma anche un’assistenza umana e personalizzata in linea con un ‘invecchiamento attivo’ e fornire alle famiglie un valido strumento per scegliere consapevolmente la struttura più idonea. Si aprono proprio oggi le candidature per il bando 2019-2020 dei Bollini RosaArgento aperto a tutte le RSA italiane accreditate al Servizio Sanitario Nazionale. Le strutture potranno inviare il modulo di registrazione e compilare il questionario di autocandidatura sul sito www.bollinirosargento.it entro il 31 maggio 2018. Mi auguro che le RSA aderiranno numerose».
«Già alla fine degli anni ’80”, spiega Luigi Bergamaschini – Professore Associato in Medicina Interna, Università degli Studi di Milano e Direttore IV UOC di riabilitazione Neuro-motoria, A.S.P. IMMeS e Pio Albergo Trivulzio, Milano – la prestigiosa rivista Science pubblicava un articolo nel quale veniva stigmatizzata la necessità di superare la consolidata tendenza dei medici a distinguere tra gli anziani con malattia e/o disabilità e quelli che sono esenti da entrambe. Negli anni successivi si è andato progressivamente consolidando il concetto che per invecchiamento di ‘successo’ si dovrebbe intendere una condizione caratterizzata da: basso rischio di malattia e disabilità ed essa correlata, elevata riserva funzionale e cognitiva e una vita attiva, partecipata e produttiva. Queste tre condizioni, che devono coesistere sono alla base delle attuali politiche sociosanitarie che propongono un approccio interdisciplinare per aumentare il numero di soggetti che invecchiano bene».
«Alcuni eventi quali perdite, disturbi del sonno e disabilità indotta da alcune malattie, sono fattori significativi di rischio per lo sviluppo di depression – sostiene Claudio Mencacci, Direttore Dipartimento Salute Mentale e Neuroscienze, ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano. L’isolamento sociale facilita l’insorgenza di depressione e decadimento cognitivo in quanto mette in sofferenza il nostro cervello sociale. Studi longitudinali indicano come un rapporto povero o conflittuale con il coniuge o l’assenza stessa di un partner siano associati più frequentemente a episodi depressivi in età senile nel sesso maschile. Risulta inoltre rilevante il supporto amicale (71% degli studi) in età avanzata, mentre il supporto dei familiari (non coniuge) risulta invece meno rilevante (36% degli studi) nel proteggere da episodi depressivi».
«Assistiamo a una profonda trasformazione delle società e a drammatici cambiamenti demografici – conclude Gilberto Corbellini – Direttore Dipartimento di Scienze Sociali e Umane, Patrimonio Culturale (Dsu), Consiglio Nazionale delle Ricerche. Grazie al progresso della medicina le persone vivono molto più a lungo o possono essere tenute in vita in condizioni prima impensabili. Spesso però l’esistenza può risultare caratterizzata da grandi sofferenze. La legge di recente approvata sulle Disposizioni anticipate di trattamento (DAT) che da ai pazienti la possibilità di decidere quando e come evitare queste sofferenze, è indubbiamente una conquista che porta finalmente l’Italia a livello delle altre nazioni più civili».
Nel corso del convegno sono inoltre stati premiati i vincitori del concorso letterario “Dai voce alla tua storia” aperto a operatori sanitari, familiari e volontari che prestano assistenza agli ospiti delle RSA. Il concorso chiedeva di raccontare in uno scritto la propria storia dove emergessero emozioni ed esperienze di vita e, dei 93 scritti pervenuti, sono stati selezionati da una giuria 3 lavori che hanno vinto un premio in denaro: il racconto di Giovanni Bonavia, figlio di un’ospite dell’RSA Angelo Spada di Racconigi (CN), la storia di Isabella Mariotti, medico presso la RSA Ninj Beccagutti di Esine (BS) e la poesia di Benedetta Fabietti, volontaria presso l’RSA Pontina di Latina.