Contributi e Opinioni 12 Novembre 2019 15:40

«Priorità a prevenzione primaria e rimozione delle esposizioni ambientali». L’appello dei medici sul “British Medical Journal”

«A partire dalle osservazioni epidemiologiche, è necessario avviare un cambio di passo per una nuova visione della medicina», spiega il primo autore dell’articolo, Prisco Piscitelli, medico epidemiologo dell’Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo (ISBEM) e vicepresidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA)

Sono pediatri, epidemiologi e scienziati di fama gli autori dell’appello internazionale pubblicato lo scorso 7 novembre sulle pagine del “British Medical Journal” rivolto a medici e scienziati di tutto il mondo per invertire la rotta nella direzione della prevenzione primaria: smettere di “fare la conta” dei malati e fornire ai decisori, in tempo reale, le evidenze e le indicazioni utili per intraprendere, senza ritardi, azioni di tutela della salute collettiva, già prima che si sviluppino le malattie.

«A partire dalle osservazioni epidemiologiche, è necessario avviare un cambio di passo per una nuova visione della medicina», spiega il primo autore dell’articolo, Prisco Piscitelli, medico epidemiologo dell’Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo (ISBEM) e vicepresidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMAhttps://www.simaonlus.it/). «Le osservazioni ci dicono che è in atto una vera e propria transizione epidemiologica che va considerata nel suo insieme, prestando particolare attenzione agli incrementi registrati nell’arco dei decenni, a partire dalle malformazioni congenite e disturbi del neurosviluppo, come l’autismo, fino ai tumori pediatrici o dei giovani adulti, le malattie metaboliche – tra cui il diabete giovanile -, tiroidee e neurodegenerative, una volta molto rare, come l’Alzheimer, la SLA e il Parkinson».

LEGGI ANCHE: RETTORI ITALIANI IN PRIMA LINEA PER LA SALVAGUARDIA DI SALUTE E L’AMBIENTE. PRESENTATO IL MANIFESTO SIMA “U4ALL”

«Se guardiamo ai numeri di tutte queste patologie nel loro insieme e agli incrementi che si sono registrati per ciascuna di esse nel corso degli ultimi cinquant’anni, non è possibile minimizzare il problema a una questione di differenza o congruenza tra casi osservati e attesi», continua Prisco Piscitelli. «In particolare, è inaccettabile per qualsiasi società il fatto che i tumori pediatrici, con circa 320 decessi l’anno secondo i dati di ISTAT/EUROSTAT (circa 6.000 dal 2000 ad oggi), siano diventati la prima causa di morte per malattia tra i bambini in Italia e in molti altri Stati europei, con costi di ricovero e cure stimabili tra i 30 e i 50 milioni di euro l’anno solo per il nostro Paese (e costi umani incalcolabili). Gli 11.000 nuovi casi di tumori stimati dall’ARTIUM nella fascia d’età compresa tra 0 e 19 anni non si osservavano 50 anni fa, nonostante avessimo una popolazione pediatrica molto più numerosa. Abbiamo bisogno di una medicina che ci aiuti a invertire la rotta, a modificare il nostro modo di vedere, una medicina in grado di cambiare il mondo, come abbiamo scritto nell’appello di BMJ. Come medici e uomini o donne di scienza non dobbiamo e non possiamo avere paura di mettere in discussione modelli consolidati, se le osservazioni non corrispondono alle spiegazioni proposte. La scienza non procede per dogmi, così come l’epidemiologia non può ridursi a un vano esercizio contabile, senza sentire l’urgenza di indicare qui e ora tutte le soluzioni possibili ai decisori».

Non ha dubbi il professor Alessandro Miani, Presidente di SIMA e co-autore dell’articolo: «Sono le esposizioni ambientali, attraverso meccanismi epigenetici, il minimo comune denominatore di tutte le problematiche di salute che dal dopoguerra in avanti hanno raggiunto le proporzioni di vere e proprie pandemie. Il continuo e generico richiamo agli stili di vita e al fumo di sigaretta, così come le teorie di accumulo progressivo di mutazioni e danni sul DNA nel corso della vita, non possono spiegarci, ad esempio, perché i tumori nel primo anno di vita sono in continuo aumento (con un +2% di incremento annuo). È evidente che concentrarsi esclusivamente sui fattori di rischio individuali ci allontana dal trovare le giuste soluzioni per la salute collettiva che vanno ricercate negli specifici determinanti di salute in grado di incidere su ciascuna comunità locale, a partire da quello che respiriamo, mangiamo, beviamo o con cui veniamo in contatto».

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