Contributi e Opinioni 24 Marzo 2022 14:28

Questa è una maxiemergenza. Dobbiamo attivarci?

di Muzio Stornelli, dirigente infermieristico

di Muzio Stornelli, dirigente infermieristico

La guerra in Ucraina ha rubato la scena mondiale al Covid-19. Dalle prime pagine farcite di dati sul Coronavirus, ora siamo passati a giornalisti “dal fronte” che stoicamente, raccontano il delirio e la catastrofe che sta “uccidendo” il popolo ucraino. L’eco che raggiunge l’Italia è gravido di profughi traumatizzati, spaventati e bisognosi di assistenza sociale, psicologia e sanitaria.

In virtù di ciò il nostro Servizio Sanitario Nazionale deve ancora una volta riorientare la risposta assistenziale, calibrando gli interventi in base allo scenario che si va delineando a causa dell’invasione Russa in terra Ucraina. Dati ANSA ci riferiscono che nella nostra nazione sono attualmente rifugiati 47153 cittadini ucraini, di cui 24032 donne, 4052 uomini e 19069 minori. A tal riguardo alcune Regioni hanno allertato tutti i presidi ospedalieri al fine di attivare il PEIMAF, ovvero il Piano Emergenza Interna per il Maxi afflusso di feriti. Si tratta del sistema di risposta rispetto ad una situazione straordinaria come, ad esempio, una catastrofe: evento di maxiemergenza che coinvolge un numero elevato di vittime e le infrastrutture di un determinato territorio producendo un’improvvisa e grave sproporzione tra richieste di soccorso e risorse disponibili. La sua caratteristica e l’effetto estensivo. Inoltre, un simile evento comporta necessariamente una risposta differita, con ripercussioni sulla sua immediata efficacia.

Un recente documento della Società Italiana di Chirurgia d’Urgenza e del Trauma traccia gli obiettivi peculiari del PEIMAF: ridurre il tempo di confusione e di abbassamento della capacità di cura degli ospedali, processo che si verifica sempre in condizione di eventi subitanei e inattesi, che si caratterizzano per la sproporzione tra il numero dei feriti e le risorse disponibili, equazione tipica delle maxi-emergenze.

Il requisito fondamentale del piano di emergenza è la sua efficacia in termini di:

  • Semplicità d’uso, garantendo però elevati standard di performance in termini di outcome;
  • Non distaccarsi troppo dai classici percorsi assistenziali, al fine di garantire la qualità e l’efficacia delle cure;
  • Operatività 24 ore su 24, 7 giorni su 7;
  • Identificare i ruoli operativi, facendo riferimento al personale presente nella struttura ospedaliera e formalmente reperibile così da avere la certezza della attivazione di nuovi percorsi di assistenza e di cura;
  • Garantire continuità anche in termini di funzioni apicali e di coordinamento al fine di guidare il team di lavoro.

Operativamente parlando il PEIMAF è strutturato in 4 fasi:

  1. Fase di allarme: a fronte di un massiccio afflusso di pazienti, superiore alla capacità ricettiva del presidio ospedaliero, o su precoce segnalazione della Centrale operativa 118 nel caso di evento con elevato numero di vittime e feriti, viene allertata la mobilitazione ospedaliera;
  2. Fase di allerta: si attiva nel momento in cui il medico responsabile allerta appunto la Direzione Sanitaria, l’anestesista di guardia, la sala operatoria e i sanitari della rianimazione, il tutto al fine di coordinare una probabile condizione di maxiemergenza. Una volta definito il quadro si attiverà il vero e proprio Piano di emergenza, a fase crescente, cioè modellabile in funzione di quanto sta accadendo;
  3. Fase organizzativa: si instaura la catena di comando, controllo, coordinamento, comunicazione, istituendo al contempo una unità di crisi con team leader delle varie aree interessate dalla risposta assistenziale;
  4. Fase esecutiva: caratterizzata dalla risposta flessibile in funzione del livello della emergenza, applicando il codice colore tipico del triage. Tale fase comprende, dopo il check con il triagista, la allocazione nella zona corrispondente al codice affidato, il supporto psicologico ai pazienti, agli operatori ed ai parenti delle vittime, l’eventuale dimissione del paziente o trasferimento in altro presidio ospedaliero.

Verosimilmente in questa fase del conflitto si parla esclusivamente di rifugiati in cerca di un luogo d’accoglienza e protezione; tuttavia, potrebbe essere una buona idea rivedere i vari PEIMAF, al fine di velocizzare ancora di più, qualora ce ne fosse bisogno, la risposta sanitaria ad una vera e propria maxi emergenza.

 

 

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