Oggi la medicina di precisione è in grado di individuare “il corredo” molecolare del singolo tumore, valuta l’efficacia di un trattamento e sceglie in tempo reale la strategia terapeutica. In alcuni tumori del polmone, ad esempio, la chemioterapia di prima linea non ha gli effetti attesi, anzi risulta pressoché inefficace, ma grazie alle caratterizzazioni molecolari […]
Oggi la medicina di precisione è in grado di individuare “il corredo” molecolare del singolo tumore, valuta l’efficacia di un trattamento e sceglie in tempo reale la strategia terapeutica. In alcuni tumori del polmone, ad esempio, la chemioterapia di prima linea non ha gli effetti attesi, anzi risulta pressoché inefficace, ma grazie alle caratterizzazioni molecolari è possibile prevedere l’efficacia del trattamento e optare subito per altre terapie. In Italia sono attese oltre 40.000 nuove diagnosi di tumore del polmone ogni anno, di cui il 40% è rappresentato dagli adenocarcinomi (fonte AIOM).
Un team multidisciplinare dell’ IRCCS Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, coordinato da Marcello Maugeri-Saccà, oncologo medico presso l’ Oncologia Medica 2, ha recentemente pubblicato sul prestigioso Journal of Thoracic Oncology (la rivista ufficiale dell’ International Association for the Study of Lung Cancer, IASLC) come la presenza di mutazioni in due geni appartenenti allo stesso network molecolare (KEAP1 e NFE2L2) definisce una tipologia di adenocarcinoma polmonare particolarmente aggressivo, caratterizzato da una forte resistenza ai trattamenti chemioterapici e da una evoluzione particolarmente rapida. Inoltre, la presenza di mutazioni dei geni KEAP1/NFE2L2 si associa ad altre anomalie molecolari che suggeriscono una elevata capacità delle cellule tumorali di proteggere il loro genoma dagli effetti citotossici della chemioterapia. Allo stesso tempo, tali mutazioni raramente coesistono con la presenza di bersagli molecolari (mutazioni di EGFR e riarrangiamenti di ALK) contro i quali sono disponibili oggi farmaci estremamente efficaci.
“La presenza di mutazioni di KEAP1/NFE2L2 – illustra Marcello Maugeri-Saccà – in pratica rende la chemioterapia standard priva di efficacia, e per di più si associano i noti effetti collaterali. Se a questo si unisce una tendenza degli adenocarcinomi con mutazioni di KEAP1/NFE2L2 a non presentare concomitanti alterazione genomiche efficacemente contrastabili con farmaci a bersaglio molecolare ad oggi in uso, si viene a delineare un nuovo sottotipo molecolare terapeuticamente orfano. Questo aspetto è ancor più rilevante se si considera il ruolo sempre maggiore dell’immunoterapia in questi tumori, non solo come terapia singola ma soprattutto in associazione alla chemioterapia.” Lo studio ha coinvolto una casistica di pazienti trattati presso l’IRCCS Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (Roma), e sono stati svolti studi di validazione indipendente in oltre 1.400 adenocarcinomi ottenuti da due diverse fonti (MSKCC e TCGA).
L’orientamento dell’oncologia medica per il trattamento del tumore del polmone è sempre più verso protocolli integrati di chemio-immunoterapia, ma può sempre funzionare? Ora l’ulteriore tassello da verificare è quello di cercare un possibile nesso tra la presenza di queste mutazioni e l’efficacia dell’immunoterapia.
“Quando parliamo di personalizzazione del trattamento anti-neoplastico, – sottolinea Gennaro Ciliberto, direttore scientifico IRE – significa una più accurata selezione del trattamento in relazione allo specifico repertorio molecolare del singolo tumore, con vantaggi economici per il sistema e maggior efficacia per il paziente. Questo studio apre nuovi scenari su nuovi e personalizzati approcci che ci vede particolarmente impegnati”.