di Nino Cartabellotta, Presidente Fondazione GIMBE
Un report della Fondazione Gimbe presieduta da Nino Cartabellotta fa il punto sulla mappa dei ticket sanitari nelle varie regioni e studia la compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria nel 2017.
Il report alza il velo su «una vera e propria giungla dei ticket». E su un paradosso: dei quasi 2,9 miliardi di euro corrisposti dai cittadini nel 2017, oltre 1 mld «è imputabile alla scarsa diffusione dei farmaci equivalenti in Italia». Si tratta infatti della quota sborsata da chi, pur di portarsi a casa un medicinale ‘di marca’, è disposto a pagare la differenza di prezzo fra il ‘griffato’ e la sua versione generica. In altre parole, sul totale ticket «oltre un terzo viene pagato dai cittadini per scelta». Circa 17 euro a testa, con le punte più alte al Centro-Sud.
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Il 12 luglio scorso – ricorda la Fondazione Gimbe – mentre la Corte dei Conti pubblicava il Rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica, l’Agenzia italiana del farmaco Aifa diffondeva il Rapporto 2017 sull’utilizzo dei medicinali in Italia. E grazie alla disponibilità dei dati definitivi sulla compartecipazione alla spesa dei cittadini nel 2017, l’Osservatorio Gimbe ha realizzato un report per analizzare composizione e differenze regionali della compartecipazione alla spesa. «Introdotta come moderatore dei consumi – osserva Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – si è progressivamente trasformata in un consistente capitolo di entrate per le Regioni, in un periodo caratterizzato dal definanziamento pubblico del Servizio sanitario nazionale».
«Nel 2017 – riferisce Gimbe – le Regioni hanno incassato per i ticket quasi 2.900 milioni di euro, che corrispondono a una quota pro-capite di 47,6 euro. In particolare, 1.549 mln (25,5 euro pro-capite) sono relativi ai farmaci e 1.336,6 mln (22,1 euro pro-capite) alle prestazioni di specialistica ambulatoriale, incluse quelle di pronto soccorso. L’entità della compartecipazione alla spesa nel periodo 2014-2017 si è mantenuta costante – calcola l’Osservatorio – ma se nel 2014 la spesa per farmaci e quella per prestazioni specialistiche erano sovrapponibili, negli anni successivi si è ridotta la spesa per i ticket sulle prestazioni (-7,7%) ed è aumentata quella per i ticket sui farmaci (+7,9%). Il tutto con «notevoli differenze regionali – sottolinea Cartabellotta – rispetto sia all’importo totale della compartecipazione alla spesa, sia alla ripartizione tra farmaci e prestazioni specialistiche».
Nel dettaglio – indica il rapporto Gimbe – se la quota pro-capite totale per i ticket oscilla da 97,7 euro in Valle d’Aosta a 30,4 in Sardegna, per i farmaci varia da 34,3 euro in Campania a 15,6 in Friuli Venezia Giulia, mentre per le prestazioni specialistiche si va da 66,2 euro in Valle d’Aosta a 8,6 in Sicilia. Ma per Cartabellotta «un dato estremamente interessante emerge dallo ‘spacchettamento’ dei ticket sui farmaci, che include la quota fissa per ricetta e la quota differenziale sul prezzo di riferimento pagata dai cittadini che preferiscono il farmaco di marca rispetto all’equivalente». «Nel periodo 2013-2017 – riporta la Fondazione Gimbe – a fronte di una riduzione della quota fissa da 558 milioni a 498 mln (-11%), la quota differenziale per acquistare il farmaco di marca è aumentata da 878 milioni a 1.050 mln (+20%)». Più precisamente, «dei 1.549 milioni sborsati dai cittadini per il ticket sui farmaci l’anno scorso, meno di un terzo è relativo alla quota fissa per ricetta (498,4 mln, pari a 8,2 euro pro-capite), mentre i rimanenti 1.049,6 milioni (17,3 euro pro-capite) sono imputabili alla scarsa diffusione in Italia dei farmaci equivalenti». Del resto “come documentato dall’Ocse che ci colloca al penultimo posto su 27 Paesi, sia per valore sia per volume del consumo degli equivalenti».
«Rispetto alla quota fissa per ricetta, non prevista da Marche, Sardegna e Friuli Venezia Giulia – continua il Gimbe – il range varia dai 18,3 euro pro-capite della Valle d’Aosta agli 0,5 del Piemonte. La quota differenziale per la scelta del farmaco di marca oscilla invece da 22,9 euro pro-capite nel Lazio a 10,5 euro nella Provincia di Bolzano». Ed è «interessante rilevare – nota la Fondazione – che tutte le regioni sopra la media nazionale sono del Centro-Sud: oltre al già citato Lazio, rispondono all’appello Sicilia (22,1 euro pro-capite), Calabria (21,2 euro) Basilicata (21,2), Campania (20,9), Puglia (20,7), Molise (20,3), Abruzzo (19,5), Umbria (19,5) e Marche (18,2)».
«Durante la scorsa legislatura – ricorda Cartabellotta – non è stata effettuata la revisione dei criteri di compartecipazione alla spesa prevista dall’articolo 8 del Patto per la Salute per evitare uno spostamento verso le strutture private a causa di ticket troppo elevati per la specialistica». Solo «con la legge di Bilancio 2018 – rammenta Gimbe – sono stati stanziati 60 milioni di euro destinati ad avviare una seppur parziale riduzione del superticket per la specialistica ambulatoriale. Tuttavia, lo schema di decreto per il loro riparto non ha ancora acquisito l’intesa della Conferenza Stato-Regioni, e nel frattempo Emilia Romagna, Lombardia e Abruzzo si sono mosse in autonomia per ridurre il superticket».