Novità sul consenso informato, grazie ad una recente sentenza della Corte di Cassazione. Quando è responsabile il medico?
Fornire al paziente tutte le informazioni necessarie affinché questi, in piena libertà e autonomia, possa esprimere o negare il proprio consenso al trattamento terapeutico. Il tema del consenso informato è certamente di fondamentale importanza. Una recente sentenza della Cassazione Civile sezione III, ci consente di fare il punto sul piano giuridico, nonché trarne conseguenze in relazione alla responsabilità civile del medico.
Una paziente affetta da uveite acuta bilaterale accusa il proprio medico oculista di averle provocato seri danni alle funzioni renali in conseguenza della somministrazione, effettuata con negligenza, di una terapia farmacologica extra-protocollare. Sia il giudizio di primo grado sia l’appello respingono, sostanzialmente, le richieste di risarcimento della paziente verso il medico e l’azienda ospedaliera. Di qui l’esigenza da parte della signora di un ricorso in cassazione.
Esaminiamo brevemente i motivi alla base dell’impugnazione. Innanzitutto si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Art.360 Codice di procedura civile). In altre parole, la paziente lamenta soprattutto il fatto che i giudici di merito non abbiano considerato degni di maggior approfondimento:
Inoltre, riporta la sentenza n.18283/2021, si denuncia che i giudici di merito abbiano «[…] rigettato le pretese risarcitorie avanzate senza ritenere violato il diritto del paziente a scegliere se rifiutare […] la terapia farmacologica ovvero accettare il rischio di una disfunzione visiva in luogo di quella renale». In altre parole: informare correttamente la paziente avrebbe potuto consentirle di scegliere diversamente.
I giudici della Suprema Corte rilevano innanzitutto che va distinta la prestazione dell’acquisizione del consenso informato da quella relativa all’intervento terapeutico. La prima riguarda in primo luogo un diritto fondamentale della persona, ossia quello di poter aderire consapevolmente al trattamento sanitario proposto. Non si può obbligare nessuno ad un trattamento terapeutico, se non – entro certi limiti – per disposizione di legge. La seconda riguarda invece il diritto fondamentale alla salute.
Chiosa la Corte: «[i]n mancanza di consenso informato l’intervento del medico è […] sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente […], l’obbligo del consenso informato costituendo legittimazione e fondamento del trattamento sanitario […]». Ciò significa che il paziente va informato su tutte le conseguenze possibili del trattamento farmacologico proposto, al fine di farlo scegliere con consapevolezza. Quindi, esso deve poter conoscere sia gli eventuali rischi a cui può andare incontro sottoponendosi alla terapia, sia l’eventuale inutilità della terapia stessa. Anche quest’ultima possibilità, infatti, genera comunque serie complicazioni per il paziente: spese, sofferenze, conseguenze psicologiche.
I giudici precisano inoltre che è dovere del medico e della struttura sanitaria informare il paziente «[…] esprimendosi in termini adatti al livello culturale del paziente interlocutore, adottando un linguaggio a lui comprensibile, secondo il relativo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone […]». Ciò significa, detto altrimenti e con un esempio pratico, che è sempre bene ricevere un feedback preciso e puntuale dal paziente, dopo aver ad esso sottoposto a quali conseguenze egli può andare incontro nel sottoporsi alla terapia. Non è sufficiente, sembra sostenere la Corte, l’apposizione di una firma su un generico o astruso documento informativo per ritenere il paziente consapevole di ciò che sta scegliendo.
Riteniamo opportuno sottolineare che – sul piano della responsabilità civile professionale – l’attività del medico non si limita alla sola attività propriamente sanitario-terapeutica. Suo compito professionale è anche fornire al paziente tutte le informazioni adeguate e necessarie in funzione di una scelta consapevole. L’omissione o la superficialità nell’espletare tale attività possono quindi portare ad una richiesta di risarcimento. Essa può dirigersi in due diverse direzioni:
Mediamente l’importo liquidato per una violazione del consenso informato va dai 1.000€ per i casi più lievi sino a 50.000€ per quelli dalle conseguenze più gravi. Pertanto riveste di particolare importanza sottoscrivere un contratto di copertura di responsabilità civile (come quelli offerti da Sanitassicura, intermediario specializzato nella Responsabilità civile per i professionisti sanitari) che tuteli il medico al meglio, anche su questo fronte.
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