Il messaggio dalla convention “Donne protagoniste in sanità”: donare è un gesto che fa del bene agli altri e a se stesse, permettendo di fare screening e prevenzione
«In Italia solo il 33% di chi dona sangue è donna, mentre per esempio in Spagna è il 51%», e anche negli altri paesi europei il numero delle donatrici è largamente superiore. Alla base, spiega il direttore del Centro Nazionale Sangue, Vincenzo De Angelis, a margine della convention “Donne protagoniste in sanità” c’è il fatto che la donazione del sangue nelle donne porta via un patrimonio di ferro che nel sesso femminile è già più basso a causa delle mestruazioni.
Nell’età fertile, peraltro, alla donna serve un patrimonio di ferro superiore rispetto agli uomini anche per la gravidanza e l’allattamento. Questa differenza di fisiologia può spiegare dunque la minore tendenza femminile a donare, analizza De Angelis. Però c’è una donazione che sembra “fatta apposta” per il sesso femminile, precisa, perché le donne hanno più plasma rispetto all’uomo. Non va poi dimenticato che la donazione di plasma è strategica per produrre farmaci ed emoderivati, per questo il direttore del Centro nazionale sangue ammette che forse questo tipo di donazione non è stato sufficientemente comunicato e propagandato alle donne. “Uno dei messaggi che può nascere dalla convention, quindi, è quanto le donne siano fuori da questo mondo, mentre hanno tutto il titolo per entrarci”, è l’auspicio che lancia il dottor De Angelis. «Ci sono moltissime donne direttore dei servizi trasfusionali, quindi è bene pensare che così come dirigono i centri trasfusionali possono anche mandarli avanti, riempiendo le nostre emoteche», conclude.
L’appello alla donazione è condiviso e rilanciato dalla direttrice della Medicina trasfusionale del Policlinico San Martino di Genova e del Centro Regionale Sangue Liguria, Vanessa Agostini: «Abbiamo necessità di colmare questo divario tra uomini e donne nella donazione facendo campagne differenziate di genere per sensibilizzare di più la donna, specie per quanto riguarda il plasma». La dottoressa Agostini ricorda poi che la donazione è anche un momento di screening e prevenzione, quindi «il messaggio che deve passare è che si tratta di un gesto sia per gli altri che per se stesse». Per farlo, prosegue, sarebbero necessarie campagne non solo stagionali. «L’estate è il momento in cui le donazioni sono più in crisi – ricorda – ma questo tipo di comunicazione va fatta tutto l’anno».
I luoghi ideali per le campagne? «Le scuole prima di tutto e le Università, specie le scuole di medicina e delle professioni infermieristiche e tecniche, dove forse più facile coinvolgere», suggerisce Agostini. Una cosa è certa: «Siamo indietro rispetto al resto d’Europa e dobbiamo correre per raggiungere gli altri Paesi. Avere più sangue e più plasma ci renderebbe più autosufficienti e porterebbe anche una riduzione di alcune spese». Basti pensare che le immunoglobuline, che derivano dal plasma, annualmente costano all’Italia 117 milioni di euro. «Attualmente l’Indice donazionale in Italia è 1,7 per il sangue, 2 per il plasma se ci spostassimo a 2 e 3 già recupereremmo una buona fetta di autosufficienza», conclude.