di Roberto Virgili, Coordinatore Tecnico Anatomia Patologica del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma
Si è svolto ad Ariccia (Roma) il secondo convegno sul tema dello “Smart Working in Sanità” organizzato dall’Ordine degli Ingegneri della provincia di Roma.
Lo Smart Working è un nuovo approccio che consente, laddove possibile, una più flessibile gestione di orari, di spazi e di strumenti lavorativi per l’esecuzione della propria attività lavorativa. Esso trova la sua applicazione già in molti settori produttivi, soprattutto privati, anche se attualmente la normativa prevede per il lavoratore la possibilità di una sola giornata in modalità smart working.
Come per gli altri campi di applicazione, anche per quello della salute lo smart working non può prescindere da due aspetti fondamentali: da una parte l’evoluzione tecnologica e digitale e dall’altra una maggiore responsabilizzazione degli attori in merito ai risultati e all’organizzazione.
Da non sottovalutare nell’applicazione dello smart working in sanità è la formazione del professionista sanitario e dei pazienti all’utilizzo di tale innovazione con una reingegnerizzazione dei processi sanitari. È soprattutto un cambio di filosofia, anche manageriale, che se da una parte restituisce ai professionisti flessibilità ed autonomia, dall’altra richiede un più elevato utilizzo dei sistemi digitali/informativi senza precludere l’interazione professionista sanitario/paziente. Questo a tutti i livelli, sia per quanto riguarda l’assistenza medica, che infermieristica, che riabilitativa e non ultima anche dei servizi di diagnostica (laboratorio, diagnostica per immagini, ecc.).
È in questo contesto che si inserisce il parallelismo tra “smart working” e “digital pathology” nel mondo della Anatomia Patologica.
Ma che cosa è la digital pathology? Essa è una parte di un processo diagnostico che si inserisce nella piattaforma digitale della gestione della moderna medicina. Può essere a giusto titolo considerata in tale piattaforma come una video conferenza diagnostica e come tale avere una valenza ed importanza nel percorso diagnostico-terapeutico del paziente.
La “digital pathology”, come attualmente è sviluppata, è la logica evoluzione della telepatologia diagnostica con la possibilità di condivisione da remoto di immagini relative alla refertazione degli esami.
Senza entrare in questa sede nei dettagli tecnici del processo “digital pathology”, lo sviluppo tecnologico consente attualmente al patologo di refertare ed interagire a distanza per la formulazione della diagnosi.
Inoltre, con l’avvento degli algoritmi diagnostici di “intelligenza artificiale”, tale processo può essere comparato con quanto a disposizione della letteratura scientifica per una determinata patologia coadiuvando il patologo nella scelta del giusto algoritmo diagnostico. A tale proposito sono ormai molti i confronti tra la diagnostica effettuata dall’uomo con quella derivante da attività di deep learning e learning machine con risultati ampiamente sovrapponibili ed in alcuni casi superiori.
Possiamo quindi definire la “digital pathology” come una “disruptive innovation” ovvero una tecnologia che necessita di attente valutazioni del contesto, attraverso percorsi di risk assestment e di health tecnology assestment (HTA) e che deve attualmente individuare anche i giusti contesti normativi e strutturali, attraverso una ristrutturazione dei processi (process mining) e con l’adeguata formazione dei professionisti interessati all’utilizzo di tali tecnologie e del cambiamento (change management).
I rischi ci sono, si pensi alla disponibilità della rete dati sul territorio nazionale (5G), alla sua sicurezza (cybersecurity) solo per citarne alcuni, ma l’opportunità che la digital pathology offre ha senza dubbio un impatto talmente positivo che un servizio di anatomia patologica moderno non può non cogliere.
L’opportunità quindi è di vedere la digital pathology come una di quelle attività sanitarie che maggiormente potrebbe beneficiare dello “smart working in sanità”, sia dal punto di vista degli addetti del settore, e lo abbiamo visto prima, ma anche e soprattutto dal punto di vista dei pazienti che dal “lavoro agile” trarrebbero benefici in termini di efficienza che di efficacia: si pensi alla possibilità di ottenere una “second opinion” senza ricorrere, da parte dei pazienti, a lunghi e tortuosi percorsi, anche interregionali che li vedono impegnati specialmente in una condizione psicologica di disagio dovuto alla loro malattia.
Il futuro risiede sempre più in percorsi lavorativi “smart”, “agili”, “snelli” ed in Anatomia Patologica lo sviluppo dello “smart working” correlato alla “digital pahology” rappresenta l’evoluzione e la soluzione per un miglioramento del servizio al paziente ed ai suoi operatori.