Ogni anno, in Italia, nella stagione invernale, vengono provocate in media 46 valanghe, con un totale di 95 persone coinvolte, di cui 20 non sopravvivono. La rapidità e l’addestramento di medici e sanitari che per primi intervengono in questo tipo di emergenza sono fondamentali per aumentare i tassi di sopravvivenza. Il corso in collaborazione con gli istruttori della Scuola Medica (SNaMed) e della Scuola Tecnici (SNATE) del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico
Si è conclusa ieri sera, sul Monte Magnola, la nona edizione del corso di “Ricerca e Stabilizzazione del Travolto da Valanga”, l’evento formativo organizzato dal Soccorso Alpino e Speleologico Abruzzese, in collaborazione con gli istruttori delle due Scuole Nazionali Medici (SNaMed) e Tecnici (SNATE) del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico. Venti tra istruttori, tecnici, esperti nazionali e internazionali si sono dedicati ad una tre giorni di formazione nella gestione degli incidenti in valanga destinata a medici e sanitari provenienti da tutta Italia.
A differenza di quanto accade normalmente in un’emergenza sanitaria, in caso di valanga il paziente deve essere innanzitutto cercato e disseppellito, per poi essere prontamente stabilizzato e trasportato nell’ospedale più vicino. Si tratta infatti di una corsa contro il tempo per salvare le vittime dall’asfissia e dall’ipotermia, che in incidenti come questo sono le principali cause di morte insieme ai traumi, ma si verificano in un contesto che richiede protocolli del tutto particolari. «In valanga la rapidità è fondamentale, riuscire ad intervenire sul paziente nei primi 18 minuti dal seppellimento significa riuscire a salvare il 92% dei travolti, dopo 35 minuti la sopravvivenza cala improvvisamente e radicalmente al 27%, e dopo 90 minuti solo il 3% delle vittime sopravvive», ha spiegato il coordinatore scientifico del corso Gianluca Facchetti, medico anestesista rianimatore e istruttore della SNaMed – Per questo tutti i medici e infermieri del CNSAS, unico ente di soccorso capace di dare supporto medicalizzato alle persone soccorse in montagna, sono alpinisti che intervengono su tutti terreni montani sia in estate che in inverno, sia di giorno che di notte portando con se tutto ciò che è possibile portare per medicalizzare la vittima di un incidente. In caso di valanga, collaborano attivamente alle fasi di ricerca che sempre precedono quelle di gestione sanitaria del travolto. La tempestività dei soccorsi oggi non può prescindere dall’impiego dell’elicottero e della sua equipe sanitaria, che, pertanto, deve essere parimenti formata alle tecniche di ricerca e soccorso».
E proprio pensando alla necessità di formazione del team sanitario dell’HEMS (Helicopter Emergency Medical Service), il corso è stato aperto non solo ai sanitari del CNSAS ma anche a tutti i medici e infermieri che hanno interesse ad approfondire le proprie conoscenze in tema di soccorso in valanga.
Durante i workshop è stato illustrato l’utilizzo di device tecnologicamente avanzati come laboratori di analisi portatili, sistemi di intubazione endotracheale a visione indiretta, ventilatori meccanici e automatici del peso inferiore a 100 grammi, tutti presidi sanitari di ultima generazione per la gestione dell’emergenza sanitaria extra-ospedaliera, trasportabili in uno zaino e adattati dai medici della SNaMed per funzionare in ambiente impervio a temperature estremamente basse ed in volo. Gli scenari in ambiente con cui i corsisti si sono confrontati hanno riprodotto incidenti realmente accaduti, illustrati dagli stessi soccorritori che si sono trovati effettivamente a gestirli.
Prevenzione è sicurezza: il 95,5% delle valanghe sono provocate dall’uomo
Il 95,5 % degli incidenti da distacco di valanga sono provocati dal fattore umano, errori di valutazione o comportamento dei frequentatori dell’ambiente innevato. Questi eventi accadono più spesso nelle stagioni con meno neve o durante le prime precipitazioni, quando il manto nevoso che si crea presenta una maggiore instabilità e fragilità, e il semplice sovraccarico causato dal passaggio di una persona in sci o snowboard può innescare il meccanismo di distacco. La vera differenza nella riduzione del numero degli incidenti, la può fare dunque chi frequenta la montagna, adottando strategie di prevenzione e pratiche di autosoccorso. «Basta un’attenta pianificazione del percorso prima di partire, affinché sia compatibile con lo scenario di pericolo previsto dal bollettino meteo e dal bollettino valanghe, e poi una volta sul posto, adattare il percorso a ciò che ci si trova davanti. E mai dimenticare di portare con sé ed imparare ad usare il kit composto dall’ARTVA l’Apparecchio Ricerca Travolto in Valanga che consente ai soccorritori di trovare il travolto, pala e sonda», ha commentato Igor Chiambretti, Responsabile Tecnico dell’Associazione Interregionale Neve e Valanghe (AINEVA), a proposito di prevenzione. E in caso ci si trovasse ad essere testimoni di incidenti di questo tipo, quello che può fare la differenza tra la vita e la morte è un allertamento rapido e preciso alla centrale operativa del 118, spiegando con calma e in dettaglio cosa è accaduto, quando, il numero di coinvolti, le condizioni meteo sul posto, la presenza o meno di ARTVA.
Dall’anno scorso il corso del Soccorso Alpino e speleologico abruzzese è dedicato alla memoria di medico Valter Bucci, tra gli ideatori e organizzatori delle precedenti edizioni, scomparso nello schianto dell’elicottero del 118 Abruzzo il 24 gennaio 2017, pochi giorni dopo la valanga che travolse l’Hotel di Rigopiano.