Aumentare i posti nelle scuole di specializzazioni e trasformare il contratto di formazione specialistica in un vero contratto di formazione-lavoro. Sono le due proposte che la Simedet, Società Italiana di Medicina Diagnostica e Terapeutica presieduta da Fernando Capuano, ha avanzato per fermare la carenza di medici specialisti in Italia e la fuga di cervelli che […]
Aumentare i posti nelle scuole di specializzazioni e trasformare il contratto di formazione specialistica in un vero contratto di formazione-lavoro. Sono le due proposte che la Simedet, Società Italiana di Medicina Diagnostica e Terapeutica presieduta da Fernando Capuano, ha avanzato per fermare la carenza di medici specialisti in Italia e la fuga di cervelli che coinvolge direttamente tanti neolaureati in medicina.
La SIMEDET Società Italiana di Medicina Diagnostica e Terapeutica – si legge nella nota -vuole ancora una volta sottolineare la necessità di modifiche strutturali per ottenere un maggior numero di medici specialisti a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale. In questi mesi è emerso in maniera drammatica come tale carenza sia uno dei punti deboli della nostra, seppur eccellente, Sanità.
In Italia allo stato attuale non mancano i laureati in medicina, mancano gli specialisti. La capacità di formazione specialistica post-lauream è inferiore sia rispetto al numero dei laureati in Medicina sia rispetto al reale fabbisogno dei medici specialisti.Questo rappresenta una vera emergenza nazionale con un rischio reale di un regresso qualitativo della sanità pubblica.
Da oggi al 2025 mancheranno all’appello più di 15mila medici specialisti ma allo stesso tempo circa 6mila medici laureati ogni anno non hanno la possibilità di proseguire nel percorso post-laurea, in base anche alle proprie inclinazioni (molti abbandonano una scuola di specializzazione non desiderata e tentano più volte il concorso) e non troveranno alcuno sbocco professionale.
Ogni anno più di 1500 laureati in Medicina decidono di emigrare verso altri paesi europei dove hanno la possibilità di specializzarsi e quasi sempre da tali paesi non tornano, dal momento che là ricevono offerte di impiego più numerose e più vantaggiose.
In altri termini il Sistema Italia investe, utilizzando fondi importanti ( circa 225 milioni di euro), per formare e laureare un grande numero di medici che poi non sono utilizzati dal nostro SSN. L’Italia così prima li fa laureare e poi li lascia andare.
Peraltro aprire gli accessi alla facoltà di Medicina non farebbe che aumentare il numero dei medici che non riescono ad accedere alla formazione post-laurea e che rimangono prigionieri nel cosiddetto imbuto formativo, dato che al momento solo la metà circa dei laureati riesce a diventare un medico specialista.
In tale limbo, sospeso tra laurea e specializzazione, un medico può solo scegliere se lavorare sottopagato ed in precarie condizioni di sicurezza nelle guardie mediche o ancora peggio di lavorare negli ospedali dove si è assunti con contratti atipici, che non tutelano i diritti nonostante il carico di lavoro e di responsabilità sia praticamente come quello di uno specialista.
Il risultato? Lo stiamo vedendo in queste drammatiche ore. Come si potrebbe risolvere questa situazione?
A Prima proposta
Aumentando le scuole di specializzazione ed i posti disponibili attraverso:
B Seconda proposta
Rendendo lo specializzando un professionista a tutti gli effetti, ma in continua formazione, attraverso:
L’Italia è l’unico paese europeo nel quale l’Università ha il monopolio della formazione medico specialistica.
Il giudizio della qualità formativa universitaria, a detta degli stessi specializzandi, è spesso insufficiente ed inferiore quando confrontata con quella delle strutture del SSN. Ciononostante l’Università potrebbe continuare a offrire la formazione teorica agli specializzandi, che verrebbero inquadrati contrattualmente sin da subito come lavoratori, con contratto di lavoro a tempo determinato a scopo formativo, e parteciperebbe al controllo della qualità del percorso.
Mettendo in pratica una di queste due proposte, già attuate in molti paesi europei, OGNI MEDICO dopo la laurea potrebbe continuare il proprio percorso di formazione specialistica, seguendo anche la propria vocazione e la propria indole.
I risultati?
Non deve essere l’emergenza a garantire la Sanità pubblica, ma una corretta e giusta pianificazione