di Pierangela Totta, Responsabile scientifica Futura Stem Cells
Anche le cellule staminali arrivano in soccorso per combattere l’emergenza sanitaria portata dall’infezione da Coronavirus. La diffusione del virus SARS-Cov2 ha assunto la collocazione di Pandemia e come tale è considerata dato l’elevato potere di diffusione del virus e la ripercussione sulla salute umana.
L’elevato numero di decessi e di persone che hanno necessità di ventilazione forzata e ricoveri in terapia intensiva ha portato gli scienziati di ogni specializzazione ad affacciarsi allo studio di questo virus, delle sue caratteristiche biologiche e alla strategia migliore per combatterlo.
Le terapie applicate sulle persone che, infettate dal virus, hanno sviluppato sintomi differenti, dai meno ai più gravi, comprendono terapie antivirali, idrossiclorochina, anticorpi neutralizzanti, riproposizione di farmaci utilizzati per altri virus e infusione di siero di pazienti in convalescenza da coronavirus. Dallo studio microscopico di questo virus e da quello del suo meccanismo di azione, si è visto come il virus abbia una predilezione per quelle cellule che hanno sulla loro superficie una molecola detta recettore ACE2. Gli alveoli polmonari, sono ricchi di questa molecola ed è per questo che il virus li attacca in via preferenziale. Per tale ragione sono in via sperimentale farmaci che vadano a bloccare questa molecola.
Ma quando il virus riesce ad infettare le cellule, genera una tempesta di molecole infiammatorie che porta ai sintomi peggiori associati alla COVID-19. Quelli, cioè, che portano i pazienti in terapia intensiva. Per questo molti studiosi hanno pensato che per sconfiggere questo virus si debba agire proprio bloccando la formazione di questa cascata di molecole infiammatorie.
Poiché le terapie attuate non sempre danno frutti in pazienti in terapia intensiva, gli studiosi hanno pensato a chi potesse dare il maggiore effetto antiinfiammatorio.
La scelta è andata sulla potenziale azione del trapianto di cellule staminali mesenchimali, cellule che già sono protagoniste di numerosi studi clinici per il loro evidente effetto immunomodulatorio nel diminuire l’infiammazione.
In Cina, così, sono stati attivati diversi studi clinici che hanno coinvolto pazienti con COVID-19 a cui sono state trapiantate cellule staminali mesenchimali. I risultati preliminari hanno dimostrato che il trattamento con cellule staminali mesenchimali era sicuro ed efficace, dati i miglioramenti assunti dai pazienti.
Ma perché queste cellule agirebbero con efficacia? Qual è il loro ruolo?
Perché hanno un potere immunomodulatorio, possono prevenire ed attenuare la tempesta di molecole infiammatorie generate dal virus e possono anche migliorare i danni creati dal virus sull’ambiente circostante. Stimolano, infatti, la riparazione endogena dei tessuti. Il trapianto avviene in maniera semplice. Possono essere, infatti, trapiantate iniettandole. Le cellule staminali mesenchimali, inoltre, dopo singola infusione si accumulano al polmone, l’organo attualmente più colpito, proteggendo gli alveoli, prevenendo la fibrosi polmonare e migliorandone la funzionalità.
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Ma quali fonte di cellule staminali sarebbe la migliore da utilizzare in questo trattamento?
Le cellule staminali mesenchimali derivanti dal tessuto del cordone ombelicale.
Le cellule staminali mesenchimali derivanti da midollo osseo infatti, non sarebbero una fonte opportuna perché nel midollo osseo non c’è un numero elevato di cellule staminali mesenchimali e perché la metodologia di prelievo renderebbe il tutto più difficoltoso. Il prelievo difficoltoso, porterebbe anche il tessuto adiposo a non essere una buona di cellule staminali mesenchimali.
La gelatina di Wharton, il tessuto interno al cordone ombelicale dal quale si estraggono le cellule staminali mesenchimali, risulta per questa motivazione una buona fonte. Ma non solo:
In Israele e negli Stati Uniti sono partiti studi clinici per uso compassionevole che promettono di dare risultati di efficacia in maniera molto rapida perché capire se un paziente affetto da COVID19 trovi beneficio dall’infusione di cellule staminali mesenchimali cordonali è un risultato che può voler dire 1 settimana dall’infusione e non anni di studio.
Il Dr. Camillo Ricordi, massimo esperto nella terapia cellulare contro il diabete, professore all’Università di Miami ed oggi capo progetto dello studio clinico approvato dall’FDA americana in cui 24 pazienti sono stati reclutati per lo studio con cellule staminali mesenchimali derivanti da cordone ombelicale, in un’intervista descrive questo studio clinico.
Lo studio, effettuato come cura compassionevole in quei pazienti non responsivi ad altre terapie, porterà questi 24 pazienti a ricevere più dosi di cellule staminali mesenchimali del cordone ombelicale amplificate in laboratorio. Poiché le cellule anche se infuse nel circolo venoso in maniera spontanea andranno nel polmone, nel giro di pochi giorni o una settimana si capirà se questo tipo di terapia ha dato dei risultati.
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Qualora questa terapia desse i suoi frutti “potrebbe essere una terapia di facile utilizzo nei casi più gravi in attesa di un vaccino” dice il Dr. Ricordi “ma anche un deposito di cellule capaci di trattare altre possibili pandemie o epidemie dove i polmoni potrebbero essere un target per un attacco di infezione virale”.
Gli studi in atto sulle cellule staminali mesenchimali del cordone ombelicale ci danno conferma come sia sottovalutata questa fonte di cellule ancora poco conosciuta e come si debba ripensare ad una legge che permetta, anche in Italia, di prendere in considerazione la conservabilità e l’utilizzo di queste cellule ad oggi non prelevabili e conservabili.
Nel frattempo, guardiamo con ottimismo a questi studi clinici sul trapianto di cellule staminali del cordone ombelicale e il COVID-19 in attesa che gli studi ci diano maggiori approfondimenti.
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