Una recente sentenza si è espressa sulla responsabilità penale del pediatra: non trattenere il minore per accertamenti è omicidio colposo
L’omissione di accertamenti può trasformarsi in un grave reato. È quanto stabilisce la sentenza n.36044/2022 della Corte di Cassazione, che affronta il tema della responsabilità penale del pediatra. Un tema estremamente delicato che proviamo qui ad approfondire.
L’evento che ha dato inizio ai tre gradi di giudizio è il decesso di un bambino toscano di dieci anni, affetto sin dalla nascita da gravi patologie. A quanto risulta dagli atti, il piccolo soffriva di una marcata e progressiva cifoscoliosi (curvatura laterale ed in avanti della colonna vertebrale), di siringomielia (fistole di liquido lungo il canale spinale) e di un ritardo nello sviluppo psicomotorio connesso a problemi genetici (delezione del cromosoma 12).
Questo quadro clinico ha portato il bambino ad avere ripetuti interventi chirurgici e, probabilmente, a seguito di questi, ad un severo restringimento del canale tracheale in conseguenza di una intubazione post arresto cardio-circolatorio. Tale “stenosi tracheale iatrogena” si sarebbe purtroppo verificata in concomitanza di una profonda bronchite.
A seguito di evidenti e persistenti difficoltà respiratorie, il piccolo sarebbe stato successivamente accompagnato più volte – nell’arco di un mese – presso strutture sanitarie, dalle quali sarebbe sempre emersa solamente la diagnosi di bronchite. Durante l’ultima visita, a distanza di diciassette giorni dal primo controllo e nonostante la mancata risposta alla prolungata terapia medica, i pediatri di turno confermano la diagnosi e non trattengono il bambino per ulteriori accertamenti. Di lì a pochi giorni, il giovane paziente muore.
I primi due gradi di giudizio vedono soccombere i due pediatri che per ultimi hanno visitato il bambino – uno di guardia medica e l’altro in servizio presso il reparto di pediatria ove era stato inviato il paziente – con l’accusa di omicidio colposo. L’appello in realtà attenua le condanne per i due summenzionati, riconoscendo le attenuanti generiche e il beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale.
Il medico di base, che aveva visitato per primo l’ultima volta il bambino e che era stato anch’esso condannato in primo grado, viene assolto in appello.
I ricorrenti in Cassazione – ovvero i due pediatri condannati nei primi due gradi di giudizio – vedono respingersi le motivazioni sostanzialmente sulla base delle evidenze emerse dalla perizia di Corte d’appello. Da essa si evince chiaramente che:
La storia clinica del piccolo paziente avrebbe dovuto far scattare un principio di prudenza e raccomandare così ai due specialisti la necessità di un ricovero del bambino in tempi brevi, al fine di procedere con accertamenti definitivi (sostanzialmente: tomografia computerizzata ed endoscopia delle vie aeree). In seguito si sarebbe potuto operare il piccolo per rimuovere il restringimento con una percentuale di successo fra il 70% e l’85%.
La Cassazione stabilisce quindi che «[…] entrambe le imputate versassero in colpa non lieve, tanto sotto il profilo della imperizia, alla luce della violazione delle buone pratiche mediche, per il notevole scollamento tra la condotta tenuta e quella esigibile, quanto tanto sotto il profilo del grado molto elevato di negligenza nella assunzione e trattazione del caso clinico».
Alla luce di quanto esposto, anche per il medico pediatra riveste di fondamentale importanza dotarsi di buone tutele a copertura dei rischi di responsabilità civile e penale. A tal proposito, può essere utile una consulenza professionale da parte dei membri dello staff di SanitAssicura.
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