di Calogero Spada, TSRM-Dottore Magistrale
Dal 2017 ho sentito il dovere di intervenire – anche ripetutamente – negli spazi di informazione sanitaria sulla questione del “disconoscimento normativo” del professionista Tecnico di Radiologia, intervenuto nell’anno 2000 a seguito della entrata in vigore dell’ormai ex d. lgs. 187/2000, descrivendo con una molteplicità di ragioni, rimandi, riferimenti di attualità, etc. la gravità del danno che il disposto di una singola norma di legge ha prodotto in una singola professione che il decreto ministeriale 26 settembre 1994, n. 746, aveva «autorizzato ad espletare indagini e prestazioni radiologiche»; danno che si sintetizza nella esclusione di due titolarità:
Titolarità così caratterizzanti da poter da sole costituire le stesse “condizioni di esistenza” di ogni profilo professionale; ergo: in assenza di queste non si può nemmeno parlare tanto di professione, quanto di professionisti.
Tanto a fondamentale premessa, essendo ormai caduto nel dimenticatoio il periodo di:
– Assai tardive polemiche (anzitutto quella della traduzione del termine “practitioner” dall’inglese dell’originaria Dir. 97/43 Euratom);
– altrettanto intempestive posizioni dottrinali perplimenti;
– biblico ritardo nella pubblicazione in GU delle ben note (ed impropriamente definite) “Linee guida” collegate alla prima norma del 2000 (peraltro tutt’ora tanto vigenti quanto inosservate),
contesto innescato a ben 13 anni dalla promulgazione normativa da due casi giudiziari “capofila” e consumatosi in una diatriba disseminata da diffusi disinteressi, negligenze, malcostumi e mere neghittosità intellettuali,
in uno Stato di diritto tali interventi dal carattere di esplicita denuncia, avrebbero dovuto quanto meno avviare dei provvedimenti che, sebbene ormai anch’essi più che tardivi, dovevano essere in ogni caso finalizzati a contrastare un esercizio arbitrario del potere e ricondurre quanto scritto in norma con quanto ordinariamente avviene nella realtà, ove i medici radiologi di fatto non si sono mai occupati – né mai potrebbero – né del “primo contatto” con il paziente (ove espletare il processo preventivo denominato “giustificazione”) né giammai delle vere e proprie esecuzioni degli esami (ove espletare il processo esecutivo denominato “ottimizzazione”).
Malgrado ciò resta senza fine il “rosario” di argomentazioni, senza dubbio interessanti:
– di promozione di attività di ricerca tecnico scientifica;
– nodali e propositive,
ma comunque di secondo piano, peraltro strumentalizzate a creare diversivi definibili “distrazioni intellettuali di massa”.
Già le affermazioni pervenute a margine degli ultimi eventi istituzionali (50° Congresso Nazionale SIRM, 19° Congresso dei TSRM, Congresso delle C. d’A. dei TSRM della Regione Lazio) – che non è il caso di ripercorrere nel dettaglio – restituiscono un assai preoccupante scenario di sostanziale consolidato negazionismo e trascuratezza della “questione TSRM”, i cui principali responsabili continuano ad essere i vertici istituzionali degli organismi rappresentativi ad ogni livello delle professioni interessate.
Da una parte, quindi, si perpetua un “auto-favoreggiamento” dei medici radiologi dopo il loro tanto bulimico quanto inspiegabile “colpo di mano” normativo sulle competenze, dall’altra si perpetua una litania liturgica dei rappresentanti istituzionali dei TSRM finalizzata ad un incoraggiamento, ad una esortazione all’essere, ad una illusione di possedere qualità superiori a quelle effettive.
Ma il problema dei TSRM può diventare un problema di tanto più incombente rilevanza quanto sempre più consolidati risultino essere i profili delle altre 21 professioni non mediche, la totalità delle quali risultano da sempre e senza soluzione di continuità detentrici di entrambe le titolarità sopra ricordate, che potrebbero benissimo considerare i Tecnici di Radiologia come una vera “zavorra” delle professioni.
Pertanto, un ennesimo invito ai rappresentanti ad ogni livello della FNO TSRM PSTRP (che include l’associazione di secondo livello FASTeR): Se davvero esiste un «migliore scenario possibile», «cruciale per la crescita e la coesione dell’area radiologica». Se davvero esiste una rappresentazione concreta (e non simbolica) «di un futuro illuminato dalla speranza», cui la professione di Tecnico di Radiologia ha estremamente bisogno, ebbene, esse al momento non contemplano primariamente:
– di muoversi «verso un orizzonte di #umanaprofessionalità”»;
– la «disposizione al dialogo … anche verso l’esterno, nei confronti di tutte le professioni coinvolte nel percorso di diagnosi e terapia del paziente»;
– «di accrescere sempre di più il senso di appartenenza e identificazione degli iscritti»;
– di «un e-book che aiuterà a sensibilizzare il pubblico sul fascino, oltre che sull’indubbia importanza, dell’imaging diagnostico.»;
… etc …
Se davvero si vuole essere «portavoce di istanze e prospettive su tutto il territorio nazionale». È fondamentale ed irrimandabile che venga ri-attualizzato il D. M. 746/1994, con il riconoscimento normativo per i Radiographers Italiani delle titolarità di giustificazione ed ottimizzazione. Solo così i Tecnici di Radiologia potranno «davvero rifiorire» nel loro «vero senso della Professione». Altrimenti quegli slogan diventano alquanto auto-irridenti.
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