«È arrivato il momento di prevedere l’obbligo vaccinale anche per gli operatori sanitari». Ad affermarlo è il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi, che sottolinea come in alcuni reparti ad alto rischio sia imprescindibile il ricorso a questo strumento di prevenzione. «Per tanti anni- sostiene Ricciardi- abbiamo esercitato un’attività di persuasione e informazione, ma […]
«È arrivato il momento di prevedere l’obbligo vaccinale anche per gli operatori sanitari». Ad affermarlo è il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi, che sottolinea come in alcuni reparti ad alto rischio sia imprescindibile il ricorso a questo strumento di prevenzione.
«Per tanti anni- sostiene Ricciardi- abbiamo esercitato un’attività di persuasione e informazione, ma se non si supera il 15-20% di vaccinati è chiaro che serve l’obbligo». Ci sono esempi positivi di alcune Regioni, «come l’Emilia Romagna che si è mossa in questo senso, ma credo che ora tocchi al resto del Paese».
Secondo il presidente dell’Iss, i professionisti della Sanità e quelli della scuola «non vivono la vaccinazione come dovrebbero, cioè come obbligo morale, ma come una costrizione. Per cui non abbiamo più del 10-15% di persone che in questo settore si vaccinano. E queste sono persone che possono prendere la malattia, in media vanno in ospedale nel 40-50% dei casi e quando una persona contrae il morbillo in età avanzata è una patologia complicata e facilmente trasmissibile. Quello che si è verificato a Bari è emblematico».
Sull’obbligo, ricorda Ricciardi, «c’è già una legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro che obbliga il datore di lavoro e il lavoratore ad attuare le misure per la prevenzione dei rischi, e non c’è rischio più evidenze di quello della malattia. Quindi, a legislazione vigente, non serve altro che far rispettare la legge. Se ci fosse un intervento chiarificatore da parte dei ministeri competenti – conclude Ricciardi – sarebbe un contributo importante. Se non ti vaccini contro determinate patologie non puoi lavorare in reparti ad alto rischio, dove ci sono pazienti fragili. L’ospedale deve essere un luogo di cura, non di rischio».