«È una situazione da codice rosso. Non c’è un progetto chiaro di rilancio. Serve una svolta radicale per salvare il pilastro del nostro welfare, per invertire la rotta dopo anni di austerità e senza assunzioni, perché la sanità pubblica è destinata all’estinzione e le promesse non bastano più». Così le organizzazioni sindacali della dirigenza medica e sanitaria e […]
«È una situazione da codice rosso. Non c’è un progetto chiaro di rilancio. Serve una svolta radicale per salvare il pilastro del nostro welfare, per invertire la rotta dopo anni di austerità e senza assunzioni, perché la sanità pubblica è destinata all’estinzione e le promesse non bastano più». Così le organizzazioni sindacali della dirigenza medica e sanitaria e del comparto della regione Veneto commentano lo stato della sanità regionale, annunciando assemblee unitarie in tutte le ULSS il prossimo 3 maggio, minacciando la mobilitazione generale degli operatori della sanità in assenza di risposte chiare e concrete e presentando un chiaro elenco di richieste:
«La carenza di personale – spiega l’intersindacale – sta determinando il taglio dei servizi e le esternalizzazioni di intere funzioni in molte ULSS del Veneto. Mancano almeno 1300 medici e 3.000 infermieri, tecnici e oss. L’assenza di una vera programmazione sta determinando carichi di lavoro insostenibili e spesso la rinuncia delle ferie o l’impossibilità di fruire della malattia. Una situazione che si regge ormai solo e soltanto sulla dedizione e sulla professionalità dei lavoratori. La recente approvazione del Piano Socio Sanitario Veneto e la bozza di schede ospedaliere e territoriali in discussione in questi giorni non risolvono in alcun modo le gravi carenze del nostro sistema socio sanitario.».
«In particolare – proseguono i sindacati in una nota – come organizzazioni sindacali riteniamo che: non vi sia un piano dei fabbisogni di personale che risponda ai bisogni di salute ed alla effettiva capacità di garantire le prestazioni LEA e la continuità assistenziale; non si rivede l’offerta socio sanitaria secondo una programmazione specifica ma si tagliano i posti letto e si ridimensiona l’offerta specialistica senza una chiara visione, in particolare nelle strutture periferiche; non vi è in alcun modo la costruzione della rete territoriale della presa in carico delle persone e non si attuano politiche concrete per decongestionare aree mediche e pronto soccorso ormai al collasso ed in prima linea a fronteggiare le crescenti richieste della cittadinanza; sia un provvedimento raffazzonato la scelta di ovviare alle carenze di personale richiamando in servizio i pensionati che non incideranno mai sulle reali necessità; sia sbagliato e incoerente rispetto all’affermazione di voler salvaguardare il “modello Veneto” che nelle nuove schede ospedaliere vengano favorite le strutture private a scapito delle pubbliche; inaccettabile che si risolva il problema delle carenze di personale facendo accorpamenti e spostando i lavoratori tra diverse sedi afferenti alle ULSS senza garanzia di qualità e continuità dell’assistenza».
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