Una scuola su quattro rischierebbe l’accreditamento perché non rispetterebbe gli standard qualitativi previsti. Il coordinatore dell’Osservatorio giovani della FNOMCeO: «Le reti formative integrino università, ospedali e territorio». E sul numero chiuso: «Prova di accesso attuale non fa gran selezione. Dovrebbero essere valutate anche le motivazioni dei candidati»
Scuole di specializzazione in chirurgia che non fanno operare gli specializzandi. Ginecologi che non sono mai entrati in sala parto. Medici per i reparti d’emergenza e urgenza che si formano lontano dai Pronto soccorso. Docenti con un numero insufficiente di pubblicazioni. Il mese prossimo l’Osservatorio nazionale per la formazione specialistica si pronuncerà in merito all’accreditamento delle scuole di specializzazione di area medica, e il quadro che si prospetta non è affatto roseo. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, una su quattro rischierebbe infatti di chiudere i battenti, perché non presenta quei requisiti qualitativi minimi che la Legge impone.
L’Osservatorio giovani della FNOMCeO, coordinato da Alessandro Bonsignore, nelle ultime settimane ha chiesto di fare in modo che le scuole rimangano aperte, senza sanatorie che deroghino gli standard qualitativi stabiliti, ma mettendole nelle condizioni di poter rispettare quegli standard in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Ed è lo stesso Bonsignore a spiegare a Sanità Informazione le pericolose conseguenze della chiusura di una percentuale importante delle scuole.
«Quando una scuola non viene accreditata, i posti di specializzazione che offriva vengono redistribuiti in altre scuole. Chiudere una scuola, quindi, significa sovraccaricarne altre, che rischiano quindi di perdere quell’efficacia formativa che avevano e di rischiare a loro volta il mancato accreditamento per l’anno successivo». Tutto il sistema verrebbe compromesso, quindi. Si darebbe vita ad un circolo vizioso senza fine, le cui conseguenze ricadrebbero inevitabilmente sui giovani medici e sui pazienti che un giorno andranno a curare.
«È importante mantenere le scuole aperte – continua Bonsignore –, ma allo stesso tempo bisogna garantire il rispetto di standard qualitativi elevati di formazione». E come conciliare i due aspetti? «È necessario ampliare le reti formative – risponde il coordinatore dell’Osservatorio giovani della FNOMCeO -. Questo significa poter formare i giovani non solo nelle strutture universitarie, che non hanno più ricettività perché il numero di posti letto è stato ridotto, ma integrando le università con gli ospedali ed il territorio, potenziando le reti su tutto il territorio nazionale».
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Quello della qualità della formazione è quindi un problema che si unisce alla quantità dei posti offerti dalle scuole di specializzazione. L’imbuto formativo, che impedisce a circa 2500 medici di accedere ogni anno alle specialità, è ormai un tema noto, ed è causato dal numero inferiore di posti messi a bando rispetto ai giovani che si laureano in Medicina. Una situazione venutasi a creare nonostante il numero di studenti che possono accedere a Medicina sia programmato. Un numero programmato contro cui si scagliano posizioni e voci che provengono dai contesti più diversi, ma che non includono quelle dell’Osservatorio giovani FNOMCeO.
«La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici è fortemente contraria all’abolizione del numero programmato – spiega Bonsignore -. Se la spinta che porta a volerlo togliere è quella della carenza di medici che stiamo vivendo oggi, è facile capire che l’abolizione del numero chiuso non può essere la soluzione, perché chi accede adesso al percorso formativo sarà specializzato tra dieci anni, quando il problema sarà stato ampiamente superato in qualche modo, positivo o negativo che sia. Bisogna invece capire realmente quali siano i fabbisogni, sia su scala nazionale che regionale, per impostare dei numeri che consentano di affrontare la realtà che si proporrà tra dieci anni».
Bonsignore si dice invece favorevole a modificare la prova di accesso, «che forse oggi non fa una gran selezione». Propone quindi di valutare anche le motivazioni dei candidati: «Credo che per fare i medici si debba avere un determinato tipo di mentalità. La scelta di fare Medicina non è semplice, è una scelta di vita. Penso quindi – conclude – che vada valorizzato anche il criterio motivazionale».