Molti Paesi europei hanno la necessità di selezionare i candidati che frequenteranno il corso di laurea in Medicina. Ma i metodi adottati sono diversi
Mancano meno di due settimane al giorno del test di ingresso a Medicina. Il 3 settembre più di 66mila aspiranti camici bianchi si contenderanno i 13mila posti disponibili rispondendo alle temutissime 60 domande. Non mancheranno le consuete proteste delle organizzazioni studentesche contro il sistema del numero chiuso all’università, accusato da molti di violare il diritto allo studio. E non tarderanno ad arrivare, come avviene ogni anno, centinaia di ricorsi contro le irregolarità che potrebbero verificarsi il giorno del test. Ma come funziona l’accesso alla facoltà di Medicina all’estero?
La necessità di uno sbarramento iniziale, infatti, è comune a numerosi Paesi europei, che selezionano all’ingresso gli studenti che potranno frequentare il corso universitario. Due i rischi da evitare: non affollare le aule o i laboratori in cui si svolgono lezioni o esercitazioni e non creare una platea di medici che poi non avrà la possibilità di trovare lavoro. Da qui, la programmazione del numero di posti offerti, strettamente correlata ai fabbisogni dei diversi servizi sanitari nazionali. Quello che cambia tra i diversi Paesi europei è la modalità con cui viene effettuata questa selezione.
Per anni il modello francese è stato preso come esempio da seguire dai tanti che contestano il test a crocette. In Francia, infatti, tutti gli aspiranti medici e professionisti sanitari vengono ammessi al primo anno di università, comune a tutte le branche. Alla fine del primo e del secondo semestre del primo anno, bisogna affrontare dei test. La graduatoria viene stilata in base alla media dei risultati ottenuti nei due esami.
A giugno, quindi, si decide chi potrà continuare a frequentare Medicina o le altre facoltà. Solo il 15-20% dei ragazzi riesce ad ottenere un posto. Chi non è tra questi, ha la possibilità di ripetere l’anno solo una seconda volta, altrimenti dovrà cambiare strada.
Anche in Germania le facoltà di Medicina sono a numero chiuso. Il requisito principale richiesto ai candidati è un eccellente voto di maturità. Il 30% dei posti infatti viene assegnato agli studenti che hanno il voto migliore. Un altro 10% di posti viene assegnato indipendentemente dal voto di maturità sulla base di criteri che vengono stabiliti dalle università, come i risultati ottenuti in un test attitudinale o le esperienze pregresse dei candidati. Il rimanente 60% dei posti viene assegnato dalle università sulla base del voto di maturità e l’analisi di almeno altri due elementi, come precedenti percorsi di formazione o esperienze di volontariato.
Niente test di ingresso, quindi, ma esiste un test attitudinale facoltativo che, se superato con buoni risultati, può essere preso in considerazione dall’università nel corso della selezione.
Per accedere alle facoltà di Medicina del Regno Unito, i candidati devono avere ottimi voti nelle materie scientifiche studiate a scuola e superare uno dei test selezionati dalle università. I principali sono il BioMedical Admission Test (BMAT), il UK Clinical Aptitude Test (UCAT) o il Graduate Medical School Admissions Test (GAMSAT). Organizzate in modi diversi, tutte le prove consentono alle università di vagliare le conoscenze e la predisposizione dei candidati necessarie per studiare Medicina.
Oltre al test, la maggior parte delle università chiede ai candidati di sostenere anche un colloquio o delle Multiple Mini Interviews (MMIs) necessarie a verificare le capacità comunicative, empatiche e di lavoro in gruppo. Ovviamente la media dei punteggi ottenuti in ogni prova servirà alle università per stilare la graduatoria e decidere quindi chi far immatricolare e chi no.
Molti ragazzi italiani che non riescono a superare il test di ingresso a Medicina decidono di trasferirsi in Romania o in Albania, dove non è previsto un esame di ammissione complesso come il nostro. La selezione infatti avviene tramite test più semplici e la valutazione del curriculum. Alcune università, poi, hanno stretto degli accordi con le università italiane (come l’università di Tirana e Tor Vergata di Roma) che prevedono quindi la presenza di docenti italiani, lezioni in italiano e la possibilità di conseguire una doppia laurea.
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