Quattro aspiranti camici bianchi si raccontano a Sanità Informazione: chi ha superato l’ostacolo del numero chiuso e chi ha lasciato il sogno nel cassetto
Dopo la pausa forzata per l’emergenza sanitaria che ha travolto il nostro Paese e il mondo intero, gli aspiranti giovani medici sono ansiosi di riprendere in mano la propria vita e affrontare a settembre il temibile test d’ingresso per l’iscrizione al corso di laurea in Medicina.
La strada, come ogni anno, è in salita: le difficoltà sono tante, il test è complesso e per superare lo scoglio del numero chiuso, che può cambiare i piani e il futuro di migliaia di ragazzi, spesso non basta la passione e un intenso studio nei mesi estivi. Ne sa qualcosa Maria – nome di fantasia – che sin da bambina aveva il sogno di diventare medico. Alla domanda classica delle maestre: «Cosa vuoi fare da grande?» rispondeva sempre: «Farò la dottoressa, indosserò il camice bianco». Una volta terminato il liceo, Maria si approccia al test di Medicina con l’evidente difficoltà di chi non sa cosa aspettarsi, studiando da sola e in modo forse non troppo puntuale. E il risultato è insufficiente.
A questo punto, cambia strada: dapprima sceglie Ingegneria, e l’anno successivo riprova il test di Medicina, anche stavolta con scarsi risultati. Nel frattempo, si iscrive a Giurisprudenza ma non abbandona totalmente l’obiettivo: la sua tenacia la porta di nuovo su quella sedia, per la terza volta, dopo aver studiato con precisione su testi specifici, a combattere contro il muro del numero chiuso che non riesce ad abbattere. Finalmente è la volta buona: riesce a passare.
Ma stavolta il destino, il sesto senso o forse la maturità scelgono per lei. Non si accorge neppure di averlo superato, forse perché la sua strada era un’altra. La laurea in Giurisprudenza le regala grandissime soddisfazioni a livello umano e lavorativo. «Il test è complesso e un liceale non è abituato a studiare in quel modo. Richiede un grado di approfondimento esagerato e non testa una reale predisposizione – spiega a Sanità Informazione -. Rispondere correttamente ai quesiti non significa che il percorso accademico sarà in discesa. Non è un quiz, né una laurea che ti rende medico, ma è quello che farai dopo».
Anche Giorgia fa l’insegnante, ma avrebbe voluto tanto essere un medico. O almeno, provarci. Ma, come accade a tanti studenti, si è scontrata con la dura realtà del test d’ingresso a sbarrarle il cammino. Terminato il liceo, ha le idee chiare: vuole tentare la prova d’accesso a Medicina, per dare una continuità agli studi scientifici e coltivare l’idea di avere qualcuno di cui prendersi cura.
«Il mio sogno è stato stroncato sul nascere – ricorda amareggiata -. Da neodiplomata, ho avuto pochissimo tempo per prepararmi a sostenere una prova di quella complessità. Il test – sottolinea – richiedeva conoscenze inconciliabili anche per chi avesse fatto buoni studi liceali. Mi sono trovata a competere con studenti che non avevano passato il test l’anno prima, si erano iscritti alle facoltà satelliti (biologia, chimica, scienze farmaceutiche) avevano già sostenuto gli esami ed erano lì a tentare una seconda volta con una preparazione inevitabilmente superiore alla mia. Inoltre, avevo paura delle irregolarità: eravamo talmente tanti che la possibilità di compiere illegalità era elevata».
«Nonostante il test fosse per me proibitivo – ammette Giorgia – ho sfiorato l’ingresso per pochi posti. La delusione è stata tanta, cocente: sentivo che il test non era adatto a me, non venivo testata su qualcosa alla mia portata».
«Il numero chiuso è una sciocchezza – prosegue Giorgia -. Presuppone una preparazione completa e la partecipazione a corsi di formazione. Oltre a non coprire il reale fabbisogno di medici in Italia – aggiunge – è questione di fortuna. Fallito il primo test, ho deciso di iscrivermi ad una facoltà satellite e quando mi è capitato di frequentare lezioni a Medicina, ho avuto la prova di ciò che pensavo: tra i neodiplomati non c’erano persone molto più preparate e convinte di diventare medico rispetto a me, anzi. E questo significava che erano entrate in modo fortuito».
Giorgia si iscrive al corso di laurea in Biotecnologie ma non trova «lo spirito e la voglia di proseguire». Perché lei voleva fare il medico. L’amarezza traspare dalle sue parole: «Quello che più mi spiace – confessa – è che non mi è stato concesso nemmeno di provarci. Mi sarebbe piaciuto potermi mettere alla prova per capire se Medicina poteva essere la mia strada. La carriera universitaria di un medico è lunga – evidenzia – e c’è tempo di capire chi ha la volontà di andare avanti e raggiungere l’obiettivo. Chi non viene lasciato indietro a priori magari può rivelarsi un ottimo medico».
Anche Francesca è un altro esempio di come il test d’ingresso può cambiare i progetti di vita. Figlia di un dentista, il suo obiettivo era studiare Odontoiatria per poi prendere in mano le redini dello studio di famiglia. Ma il suo è un percorso a ostacoli: la prova d’accesso fallisce due volte, si iscrive a Biologia e tenta anche il test per le professioni sanitarie. Entra a Ostetricia, ma Medicina è un chiodo fisso. Francesca è disposta a tutto pur di inseguire il suo sogno: segue vari corsi di preparazione al test e valuta perfino l’ipotesi di andare a studiare all’estero, sacrifici e soldi inclusi. Il test, infatti, in molte università europee è più semplice rispetto all’Italia; le mete più gettonate sono Albania, Bulgaria, Romania, ma anche Spagna e Francia. A Tirana ci sono docenti italiani e il titolo rilasciato è una laurea congiunta valida sia in Albania che in Italia e riconosciuta nei Paesi UE.
Francesca prova e riprova a superare il gradino della prova d’ammissione, ma, forse in preda all’ansia da prestazione, non riesce a farcela. E allora, allo studio dentistico del padre ha dovuto dire addio: si è laureata in Ostetricia a pieni voti ma poi ha preferito iscriversi a Biologia. Farà la nutrizionista.
La storia di Davide è invece a lieto fine. Il non superamento del test lo porta prima alla facoltà di Psicologia e poi a Giurisprudenza: è figlio di avvocati e tentar non nuoce. Neanche questa è la scelta giusta. Prova a cambiare direzione con Informatica, ma il tarlo di Medicina era insinuato nella sua testa. E dopo tanti anni di impegno e perseveranza, è entrato nella schiera dei camici bianchi, nella cerchia di chi ce l’ha fatta. Ma quel test non superato ha divorato tempo ed energie. E la strada per diventare un medico è tanto lunga e non si esaurisce con la laurea: sia che si scelga di fare il medico di base che lo specialista. Gli ostacoli all’accesso alla professione sono tanti e il numero chiuso non è che il primo. Medicina è una montagna da scalare, ma quando si arriva in vetta, si gode il panorama: essere medico è una missione per la vita.
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