Rossi (OMCeO Milano): «Mancato aggiornamento rischioso da un punto di vista medico legale e assicurativo». Boldrini (Pd): «La formazione continua è diventata ancora più importante con il Covid». Filippini (OPI Varese): «Sarà necessario agire con un sistema punitivo anche se non ci piace»
Mancano pochi mesi agli operatori sanitari per mettersi in regola con la formazione ECM e per chi non lo farà si profilano sanzioni. Lo ha ribadito di recente il Segretario della FNOMCeO e Presidente del Cogeaps, Roberto Monaco. Il quale ha annunciato anche che il Consorzio Gestione Anagrafica Professioni Sanitarie invierà lettere agli Ordini con le posizioni dei professionisti che ancora non hanno completato il fabbisogno minimo di crediti per il triennio in corso. La “palla” dunque passerà a breve agli Ordini provinciali che dovranno provvedere a redarguire i loro iscritti non in regola.
«L’aggiornamento è fondamentale nel post Covid come lo era già prima, nella normale professionalità del medico; quindi, l’essere sempre aggiornato alle novità è un punto irrinunciabile per un medico». Così Roberto Carlo Rossi, medico di medicina generale e Presidente dell’Ordine dei medici di Milano, che sul tema sanzioni ha spiegato. «Su questo aspetto noi siamo attenti, andiamo a verificare se esiste un debito formativo. Da un punto di vista filosofico io devo dire che in linea di principio sono per premiare chi si aggiorna e non punire chi non lo fa. Quindi, al momento, sono molto dubbioso nel dare sanzioni e instaurare procedimenti disciplinari, o provare altre strade. Allo stesso modo ritengo che l’iscritto quando non abbia conseguito alcun credito o sia molto lontano dall’essere certificabile, debba compensare la mancanza».
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In che modo? «Negli anni sono state date molte occasioni a medici e professionisti sanitari per riuscire a sanare il loro debito formativo e gli Ordini sono a disposizione per spiegare tutte le strade possibili per assolvere l’obbligo formativo. Senza dimenticare che è pure rischioso da un punto di vista medico legale e assicurativo». Su questo argomento Rossi spiega che «quando subentra un problema di carattere medico non prevedibile, chi accusa i medici di malasanità va subito a controllare se sono in regola con la formazione. In particolare, sono le assicurazioni ad eccepire che un medico non ha assolto l’obbligo formativo. Quindi sia da un punto di vista deontologico che assicurativo e medico legale sarebbe opportuno che gli iscritti cercassero di stare al passo con la formazione».
Sulla stessa linea d’onda la Senatrice Paola Boldrini, capogruppo del Partito democratico in commissione Igiene e Sanità a Palazzo Madama: «La formazione continua nell’ambito della professione medica e delle professioni sanitarie è diventata ancora più importante con il Covid: in questi anni abbiamo avuto una evoluzione importante, ad esempio, nella telemedicina che prima sembrava non dovesse mai partire. Invece adesso – continua la Senatrice – ci siamo resi conto che la nuova tecnologia ha bisogno di un continuo aggiornamento. Per altro anche nel PNRR c’è una somma cospicua per quel che riguarda la formazione destinata alla formazione di tutti i professionisti sanitari a partire dai medici ma anche agli infermieri e a tutti gli altri professionisti che prendono in carico il paziente».
Boldrini ha poi parlato della norma che prevede che se non si è in regola con il 70% dei crediti non ci si può assicurare secondo quanto previsto dalla legge Gelli: «Gli strumenti che sono stati messi a disposizione, come quello legato al raggiungimento del 70% dei crediti, è legato anche al fatto che secondo la legge Gelli il professionista deve conoscere le linee guida e quindi adeguarsi a queste per prendere in carico il paziente nella maniera migliore. Ovvio che gli Ordini che sono diventati parte del sistema sanitario perché sono enti sussidiari dello Stato devono mettere in campo tutte quelle misure necessarie per aiutare gli iscritti a continuare a svolgere questi aggiornamenti». Ma quali tipo di formazione e con quali crediti? «Su questo gli Ordini possono e devono vigilare affinchè vengano fatti dei corsi di aggiornamento che siano veramente utili per i professionisti, affinché questi possano aggiornarsi con le nozioni e la tecnologia più avanzate dal punto di vista scientifico. Gli Ordini possono fare moltissimo da questo punto di vista».
«Ritengo che l’obbligo degli Ecm sia in realtà un’opportunità – spiega Aurelio Filippini, presidente dell’Ordine delle Professioni infermieristiche di Varese – di formarsi e mantenere una formazione costante, nonché di migliorarla. Faccio fatica a giustificare la non premiazione da parte dei crediti perché credo che professionalmente non qualifichi un professionista. Sarà necessario agire con un sistema punitivo, che non ci piace, avremmo preferito un sistema premiante che finora però non ha funzionato. Oggi, avere crediti non è complesso: le FAD, soprattutto con il lockdown, hanno mostrato che si può avere formazione anche di qualità in modalità asincrona. Questo è un dovere deontologico che i professionisti devono attuare».
La formazione, inoltre, si lega a filo doppio con la copertura assicurativa. Se non si è adempiuto al 70% degli ECM obbligatori si perde la copertura nelle cause secondo la Legge Gelli. «Credo sia doverosa – ribadisce Filippini – con la legge 24 siamo tutti responsabili di quello che facciamo, qualunque sia il professionista. Per dimostrare che non ho una colpa vera in quello che è successo devo anche dimostrare di essere aggiornato e formato, e lo dice chiaramente la normativa. Le buone pratiche le apprendo anche e soprattutto se continuo a formarmi».
Filippini parla poi delle lettere di richiamo, alla scadenza, che avvertiranno del possibile arrivo di sanzioni salvo la messa in regola: «Il primo rischio è ovviamente quello di non essere aggiornati e non lavorare in sicurezza con le persone che assistiamo tutti i giorni, nonché il principale – conferma Filippini -. Il secondo sono le coperture assicurative, credo che questo sia la componente che più dovrebbe incentivare, perché la legge 24 stabilisce che c’è una responsabilità anche dell’equipe. E se l’equipe non è formata credo che sia giusto che ci sia un passaggio punitivo. Una volta che arriveranno i nominativi, faremo anche noi un censimento, contatteremo gli iscritti ad uno ad uno anche per capire quali sono le motivazioni. Poi ricorderemo i rischi e infine agiremo secondo quello che le varie federazioni insieme ad Agenas decideranno sarà la “punizione” da apportare».
Tra le possibilità la sospensione e addirittura la cancellazione dall’ordine di appartenenza. «Credo sicuramente alla sospensione per un periodo che sarà da stabilire – dice il presidente OPI Varese –spero che tutte le federazioni trovino un filo comune per far sì che non ci sia una professione maggiormente penalizzata rispetto ad un’altra. Quindi sicuramente alla sospensione per un periodo anche di media-lunga durata fino a 6 mesi. Spero che non si arriverà mai alla cancellazione, perché da presidente preferirei che i miei colleghi lavorassero e continuassero a far del bene alle persone».
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